Mediterraneo tra pace e guerra, Firenze e la profezia di La Pira oggi

A fine febbraio, nel segno di La Pira, si concentrerà a Firenze il grande incontro dei sindaci e dei vescovi del Mediterraneo. Come prendere sul serio oggi il messaggio del “sindaco santo”, scomodo profeta di pace in tempo di guerre? Intervista al professor Riccardo Saccenti di Argomenti 2000  
Firenze e Mediterraneo. Migranti sul confine europeo (AP Photo/Giannis Papanikos)

Il comune di Firenze ha deciso di fare le cose in grande decidendo di riprendere l’esempio di La Pira e quindi di radunare in città dal 24 al 27 febbraio 2022 «100 sindaci provenienti da tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dal Nord Africa al Medio Oriente, dalla Grecia e i Balcani a Francia e Spagna».

Un’iniziativa che si annuncia di grande interesse se si presta alla composizione del comitato scientifico della manifestazione presieduto dal sindaco Dario Nardella, dove accanto all’ex sindaco Mario Primicerio, stretto collaboratore di La Pira e presidente della Fondazione che ne custodisce la viva memoria, troviamo Romano Prodi, lo storico Franco Cardini, noto per la sua posizione critica verso la retorica occidentalista, e Marco Minniti in qualità di presidente della Fondazione promossa nel 2021 da Leonardo, ex Finmeccanica, al fine di «rafforzare gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (“Med”) e del Medio ed Estremo Oriente (“Or”)». Come è noto Leonardo, controllata dal Ministero dell’Economia, rientra tra le prime 10 società produttrici di armi al mondo.

Sarà perciò importante, nel genuino spirito fiorentino della dialettica, capire cosa vuol dire oggi il messaggio di La Pira che è al centro dell’incontro promosso sempre a Firenze negli stessi giorni dalla Cei con la partecipazione di numerosi vescovi dell’area del Mediterraneo e la presenza annunciata di papa Francesco e quasi certa anche del presidente Mattarella.

Rientra in questa ricerca del senso odierno del messaggio di La Pira, che da vero profeta ha incontrato tanti ostacoli sul suo cammino, il dibattito on line proposto per sabato 5 febbraio dall’ “Associazione di amicizia politica Argomenti 2000” assieme alle realtà che in città sono l’espressione autentica della feconda eredità di La Pira (Fondazione, Centro internazionale studenti e Opera per la gioventù).

Ne abbiamo parlato con Riccardo Saccenti di Argomenti 2000, professore di Storia della filosofia medievale presso l’Università di Bergamo.

Cosa sono stati i convegni del Mediterraneo promossi a suo tempo dal sindaco Giorgio La Pira?
I convegni del Mediterraneo nacquero nella seconda metà degli anni Cinquanta da una lettura acuta dei “segni dei tempi” che segnavano quel momento storico e che si intrecciavano proprio fra le rive mediterranee. La fine degli imperi coloniali, il maturare di una coscienza politica nei Paesi arabi, le contraddizioni che si manifestavano nelle conflittualità erano tutti segni di mutamenti profondi che chiedevano una comprensione e una risposta politica. L’intuizione di La Pira fu di dare alla lettura di questi eventi uno spessore spirituale. La scelta della chiave di lettura religiosa non era solo strumentale, ma sottendeva il riconoscimento dell’importanza dell’esperienza di fede dei popoli mediterranei, soprattutto delle fedi abramitiche, non solo come esperienze che avevano segnato l’identità di questa parte di mondo. Più profondamente La Pira riconosceva la responsabilità a cui le fedi erano chiamate: quella di costruire la pace.

Migranti sul confine tra Grecia e Turchia. Foto Ap

Come si può restare fedeli a questa visione profetica senza cadere nella deriva celebrativa?
Rispetto a quella esperienza si corre oggi il rischio di una semplice replica, quando invece l’urgenza è quella di fare tesoro dello sforzo di intelligenza delle cose che resti fedele alla verità della realtà. Serve allora partire da un confronto lucido con quello che è il Mediterraneo di oggi, con le sue contraddizioni, le sue tensioni, le sue violenze e con le sue attese e gli sforzi di futuro che lo attraversano. Capire le radici e le dinamiche di tutto questo, comprendere il loro essere espressione del movimento delle cose di cui siamo parte, è la premessa per una politica mediterranea misurata sul futuro e non prigioniera della nostalgia.

Di sicuro la presenza di papa Francesco rappresenta la possibilità di seguire questa traccia…
Certo. Il convegno di Firenze può essere l’occasione per avviare un processo, per dare sostanza ad una rete di rapporti che vada oltre le foto di rito e la singolarità di un incontro e dia luogo a un tessuto di solidarietà transmediterranea che cresce nel tempo e riconosce quanto, ed è molto, si fa da anni sul piano dei rapporti culturali, sociali, di cooperazione economica, dandogli il respiro grande e duraturo della politica. Una politica alta perché ha le proprie radici nelle comunità delle città mediterranee, che con la loro storia, le loro lingue, le loro pluralità religiose sono il fondamento di una pace che si costruisce ed edifica nell’equità che è cura socio-ambientale.

Proteste contro campi di detenzioni migranti in Libia Foto Francesco Bozzo – LaPresse

Da cosa nasce la vostra iniziativa del 5 febbraio intitolata  “Di pace, di guerra. Il Mediterraneo oggi tra politica e fedi”? 
Pensando al convegno dei sindaci e a quello dei vescovi del Mediterraneo che Firenze ospiterà, si è colta l’esigenza di coinvolgere l’opinione pubblica e la realtà sociale e culturale per evitare che si producesse un semplice evento, estraneo al tessuto vivo della città. L’intenzione dei promotori è stata quella di non limitarsi ad una semplice conferenza ma di costruire invece una riflessione capace di generare pensiero e dunque di essere una tappa di percorsi ulteriori. Discutere di Mediterraneo, del Mediterraneo politico e religioso, significa affrontare una questione che è certamente politica ma che esige un coinvolgimento largo, radicato e diffuso. Per questo occorre per prima cosa dare gli strumenti adeguati per leggere le cose, meditare gli eventi e così poter prendere posizione e contribuire a pensare il futuro possibile del Mediterraneo. Ecco allora l’idea di un webinar che unisce una pluralità di voci, esperienze e conoscenze in un dialogo che vuol presentare la realtà plurale e multiforme dell’area mediterranea. Si è dunque voluto affiancare studiosi e giornalisti, cioè la rigorosità dell’analisi scientifica e l’intelligenza degli eventi e delle vite che emerge dal racconto della realtà.

Pensiamo che questa possa essere l’occasione per avviare percorsi che avvicinino le sponde del Mediterraneo passando non solo per le vie istituzionali ma anche per quelle della cultura, della religione, della solidarietà fra popoli e società.

Di Firenze resta impressa l’ultima narrazione di Tiziano Terzani sulla trasformazione del suo vivo centro urbano a città commerciale e dei grandi eventi. Quale Firenze incontriamo oggi pensando alla città di La Pira e della grande fioritura del cattolicesimo italiano di quel tempo?
La Firenze di questo inizio 2022 è una città segnata da trasformazioni profonde e dall’esigenza di trovare una direzione. La pandemia ha lasciato emergere contraddizioni maturate nel corso di anni, che attengono alle relazioni economiche e sociali che segnano la città. Nell’opinione pubblica cittadina, di fronte all’emergere di queste fratture, si è spesso tentati di far appello al grande passato, recente o lontano, col rischio di rimanere prigionieri della memoria e di una idealizzazione del Rinascimento o della Firenze lapiriana che è molto distante dallo spessore storico di quei momenti e disegna uno ieri che fa da modello irraggiungibile.

 Ma, fuori della retorica, La Pira incontrò tanti ostacoli a Firenze e non solo…
È così. Infatti nella memoria della città, nella coscienza profonda, permane la consapevolezza che anche quelle stagioni sono state segnate da contrasti e conflitti e dalla capacità di donne e uomini di leggere la verità delle cose andando più in profondità della superficie. È quella capacità di una intelligenza del presente storico che è l’eredità grande che resta, ad esempio della stagione di La Pira. L’esercizio difficile e però necessario per la Firenze di oggi, per i suoi cittadini, la sua opinione pubblica e la sua classe dirigente, è pensare il presente avendo coscienza delle sue radici, dello spessore storico su cui riposa, ma leggendolo con la chiave di lettura del futuro a cui la realtà tende, verso cui è orientata. Occorre uscire dall’immagine rassicurante di un passato glorioso e avere il coraggio di dare all’oggi il futuro come regola, perché la comunità civile è un progetto, mai compiuto e per questo capace di sprigionare forze inattese e vive. E in questo oggi c’è la vocazione europea, mediterranea, planetaria di Firenze che impegna a edificare e tessere relazioni durature.

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