Medio Oriente, nuovi scenari

Che il ritiro israeliano da Gaza aprisse nuovi scenari nella politica israeliana c’era da aspettarselo. Ma il terremoto politico che ha portato ad indire elezioni anticipate ed alla nascita di un nuovo soggetto partitico in Israele ha sorpreso un po’ tutti. Se le condizioni di salute di Sharon – recentemente colpito da un malore – lo consentiranno, il prossimo 28 marzo, assieme a Shimon Peres, il vecchio soldato si presenterà alle elezioni sotto l’emblema del nuovo partito, Kadima. L’ex generale ha dimostrato di avere coraggio, dopo averne già dato prova con il ritiro unilaterale da Gaza. Ma ben altro, e tanto, dovrà averne, specie sulla questione dello sgombero della Cisgiordania e, soprattutto, sul rispetto del tracciato di pace (roadmap) che ancora rappresenta lo scenario più credibile per una pace duratura, che prevede, in Terrasanta, due popoli e due stati, ugualmente sovrani, ugualmente autonomi. I segnali sembrano incoraggianti, specie dopo la conclusione, il 15 novembre scorso dell’accordo sul movimento e l’accesso, che ha consentito di aprire una frontiera sicura e protetta tra la striscia di Gaza e l’Egitto, a Rafah. Un primo passo, favorito dalla mediazione americana e garantito dall’Unione europea con una missione di peace-keeping (comandata dal generale italiano Pistolese). In campo palestinese, le elezioni parlamentari del 25 gennaio forniranno una mappa realistica delle forze in campo e dei condizionamenti che Abu Mazen dovrà inevitabilmente affrontare. La partecipazione di Hamas, organizzazione che non si è del tutto liberata da tentazioni terroristiche, è un problema serio, perché in passato ha sostanzialmente avversato i negoziati di pace. Hamas ha intanto conseguito ottimi risultati nelle elezioni amministrative palestinesi in dicembre, ottenendo ad esempio il controllo della città cisgiordana di Jenin e percentuali molto alte anche nelle aree ove il partito di governo Fatah era tradizionalmente forte. L’impressione, comunque, è che una nuova dinamica si sia innescata, e che le sorti politiche della questione israelo-palestinese siano state finalmente prese in mano, responsabilmente, da leader che sembrano volersi affrancare dai retaggi di lotte e tensioni passate. L’ultimo passaggio che rimane essenziale è, da entrambe le parti, il ripudio della violenza, sia nella forma di un terrorismo cieco e barbaro che come spirale della rappresaglia militare che fomenta nuovi risentimenti.

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