Medicina di genere, prof.ssa Baggio: «Un dovere etico»
Abbiamo chiesto alla prof.ssa Giovannella Baggio, già professore ordinario di Medicina interna e prima cattedra universitaria in Italia – per chiara fama – di Medicina di genere, attualmente presidente del Centro studi nazionale su Salute e Medicina di genere, di aiutarci a capire meglio questa nuova disciplina scientifica e quale valore etico essa abbia oggi nella nostra società, in particolare durante la pandemia di Covid-19.
Cos’è la Medicina di genere e quale sviluppo prevede per il futuro della scienza e della medicina?
La Medicina di genere è una dimensione trasversale a tutte le specialità della medicina che studia l’influenza del sesso e del genere sulla fisiologia, fisiopatologia e patologia umana. Questa breve definizione sottolinea il fatto che la Medicina di genere non è una nuova specialità della medicina, ma una dimensione trasversale, vorrei dire un dovere etico oltre che scientifico di tutte le specialità. Tutte le malattie infatti presentano enormi differenze nell’uomo e nella donna: sintomi, metodologie diagnostiche, parametri di riferimento degli esami clinici, biochimici e strumentali, terapie, effetti collaterali dei farmaci e strategie di prevenzione.
Esempi clamorosi sono: le malattie cardiovascolari studiate prevalentemente nel sesso maschile quando l’infarto del miocardio è la prima causa di morte della donna, l’osteoporosi studiata solo nella donna quando invece colpisce anche gli uomini che hanno una mortalità più elevata dopo una frattura del femore, il cancro del colon che ha caratteristiche cliniche e molecolari differenti nei due generi, le demenze che prevalgono drammaticamente nella donna, la depressione estremamente sotto diagnosticata nell’uomo. In ogni specialità della medicina le patologie hanno incidenza/prevalenza differenti nei due generi oltre a caratteristiche cliniche e necessità terapeutiche e preventive differenti. Per tale motivo non dovremmo mai parlare di medicina di genere come fosse una branca o una specialità separata, ma di Medicina genere-specifica.
Si è molto parlato, nella prima fase della pandemia, del fatto che sembra che il Covid colpisca di più gli uomini. Le differenze di genere possono avere un ruolo in questa malattia?
I casi di portatori di SARS- CoV-2 sono più donne, ma si ammalano di Covid-19 di più gli uomini. Le donne infatti sono più esposte: ci sono più donne nel personale sanitario (infermiere e OSS), badanti e figlie. Ma l’uomo si ammala di più e muore di più. La letalità dell’uomo a iniziare dai 50 anni è quasi 3 volte quella della donna in Italia (dato confermato in molti paesi del mondo). La malattia nell’uomo è più grave, l’uomo ha più bisogno di cure intensive fino alla rianimazione. Tra gli operatori sanitari in Italia ad esempio c’è un rapporto di 3 casi donne a 1 caso uomo, ma la letalità per Covid-19 è stata dello 0,6% nell’uomo e dello 0,1% nella donna. Questo dato è confermato in tutto il mondo. La polipatologia non spiega questa differenza.
Ci sono delle spiegazioni legate al genere: ad esempio la donna fuma di meno, beve meno alcol, è più attenta alle regole (mascherina, distanziamento, lavaggio mani). Ci sono anche ipotesi legate al sesso. Per entrare nelle cellule il Sars-Cov-2 ha 2 meccanismi: il recettore ACE2 e la proteina TMPRSS2. L’ACE2 si lega al virus, lo fa entrare e poi blocca la porta d’entrata. La TMPRRSS2 invece lega la proteina Spike e fa entrare il virus senza freno. Il sesso femminile ha più ACE2 che è governata da geni presenti nel Cromosoma X (quello parzialmente inattivato), inoltre gli estrogeni stimolano ACE2. Invece la proteina TMPSSRR2 è stimolata dagli androgeni. Inoltre il sistema immunitario delle donne è più attivo. È per questo la donna ha anche una risposta più efficace ai vaccini.
A parte questo vantaggio, vorrei tuttavia sottolineare che in questa terribile pandemia la donna ha avuto grandi sofferenze. Lo smart-working (che sono le prime a sperimentare) è molto faticoso quando si hanno dei bambini a casa in dad e si debba gestire l’andamento della casa. Per non parlare delle coppie in crisi che si sono trovate troppo vicine e hanno sofferto di più, e questo ha esitato molte volte in violenza sulle donne. E i femminicidi in questo anno sono aumentati.
Inoltre recentemente si è sottolineato quanti lavoratori hanno perso il lavoro in questo anno di pandemia: il 90% sono donne.
E in generale, le differenze di genere che ruolo hanno nelle malattie? Ci sono malattie comuni che hanno grandi differenze di decorso secondo il genere? Come sarebbe meglio intervenire?
Faccio degli esempi cui sopra ho solo accennato. I sintomi dell’infarto del miocardio (che è la prima causa di morte della donna) sono atipici nel genere femminile: la donna molto spesso non ha il tipico dolore al petto anteriore, costrittivo, irradiato al braccio sinistro; la donna può avere: dolore epigastrico o alla base del collo o in regione interscapolare o al braccio sinistro, oppure può non avere dolore e avvertire senso di ansia, mancanza di respiro. Per questo la donna stessa cerca aiuto in ritardo e, ancora più grave, quando arriva in pronto soccorso può succedere che venga indirizzata in area verde: una mia paziente è stata sottoposta a gastroscopia in corso di infarto, un’altra ha subito una consulenza psichiatrica. Per questo la mortalità in fase acuta di infarto è maggiore nella donna.
Un esempio invece all’incontrario è la totale mancanza di attenzione all’osteoporosi nell’uomo, che la sviluppa anche se con qualche anno di ritardo rispetto alla donna. L’uomo poi quando si frattura va incontro a morte più frequentemente della donna. Eppure gli uomini vengono sottoposti a densitometria molto raramente e alcuni farmaci non sono nemmeno stati sperimentati nell’uomo. Si potrebbero fare tanti esempi, anche in campo oncologico. Di nuovo si evince quanto sia mandatorio che tutte le specialità della medicina (le ricerche e i le evidenze ormai sono molte) debbano essere applicate in modo genere-specifico.
In Italia la maggior parte dei deceduti per Covid sono stati anziani o comunque persone con molte patologie. Quanto incide l’età nei diversi generi? Come mai in una famiglia possono infettarsi solo alcuni dei suoi membri e solo alcuni anche morirne?
Alcuni dati sono stati discussi sopra. Tuttavia partiamo da sottolineare di nuovo l’importanza di una medicina declinata in modo genere-specifico. Al di là del Covid-19 ricordo che la spettanza di vita alla nascita è maggiore in Italia (2019) di 4 anni nella donna rispetto all’uomo. Tuttavia la spettanza di vita sana è uguale nell’uomo e nella donna. Gli ultimi anni infatti la donna li vive con molte disabilità. Questo vuol dire che quando si ammala (in generale, non parlo solo del Covid-19) l’uomo muore, la donna vive disabile.
Nel Covid-19 non sono stati ancora descritte importanti differenze di genere nelle polipatologie preesistenti: l’uomo è un po’ più frequentemente portatore di cardiopatia ischemica e di bronchite cronica, la donna di demenza e sovrappeso. Ci sono lavori recentissimi che descrivono un rapporto tra il sistema HLA (il sistema di istocompatibilità, un gruppo di geni che codifica alcune proteine molto importanti delle membrane cellulare, che hanno molto a che fare con l’immunità) e la maggiore o peggiore resistenza all’assalto del Sars-Cov-2.
Dobbiamo davvero stare sempre in allerta noi medici perché soprattutto di fronte a questo virus, che ci ha colti di sorpresa ed anche impreparati, ogni giorno ci sono nuove scoperte che condizionano la nostra attività, la nostra missione.
E allora avrete capito che una delle doti più importanti di un medico e di un operatore sanitario è l’umiltà, cui consegue la volontà di studio e di ascolto.