Medaglie olimpiche e fantamatematica
Sono passati ormai più di venti giorni dalla chiusura delle Olimpiadi a Parigi e ancora ne sento parlare alla radio, alla tv o nelle conversazioni che raccolgo mentre prendo una birra sulla terrazza di un bar. C’è di tutto, ma per lo più sono rimpianti perché la Spagna non ha raggiunto le 22 medaglie ottenute nel ‘92 a Barcellona, piazzandosi allora al 6º posto del medagliere. Ed è vero. Un’occhiata ai vari medaglieri dal ‘92 al 2004 mostra che lo sport spagnolo conquista tra 12 e 22 medaglie nelle Olimpiadi, con una media di 18 (proprio la cifra di quest’anno), e la posizione nel medagliere varia tra il 6º (a Barcellona) e il 23º (nel 2020) posto. Allora, se a Parigi a Spagna ha ottenuto 18 medaglie e il 15º posto, perché tante lamentele?
Barcellona ’92 ha certamente segnato per l’olimpismo spagnolo un balzo decisivo. Fino a quell’anno la collocazione della Spagna nel medagliere olimpico era stata piuttosto ridotta, con un massimo di 6 medaglie nel 1980 e una posizione nel medagliere sempre al di sotto del 20º posto. Per l’appuntamento del 1992 era stato creato a fine 1987 il “Programma Ado” (Asociación Deportes Olímpicos), con l’obiettivo di fornire agli atleti spagnoli i mezzi e le risorse necessari per ottenere un buon risultato ai Giochi Olimpici di Barcellona. Il successo di questo programma è stato enorme: le medaglie ottenute dalla Spagna fino a Seul 1988 (giochi estivi e invernali) erano state 27. Da quella data in poi il numero si è settuplicato: 162 fino a Parigi 2024. Cioè: ogni successo sportivo richiede sostegno, in particolare economico.
Pensando appunto al sostegno di atleti e sportivi, mi viene in mente quanto sia fuorviante l’elenco dei vincitori sulla base delle medaglie olimpiche. Direi che mostra un groviglio di disuguaglianze. Non ha lo steso sostegno un atleta degli Stati Uniti (prima nazione del medagliere) e uno dello Zambia (ultima del medagliere). E poi, non ha lo steso significato una medaglia ottenuta da atleti che gareggiano individualmente e una conquistata da una squadra; la concorrenza è molto diversa. E che dire della differenza tra un oro, un argento e un bronzo. Tante volte nelle prove di atletica la differenza è quasi impercettibile, al punto di dover ricorrere al fotofinish per decidere. Quest’anno ho visto le finali di diverse gare dove la differenza tra il primo e l’ultimo arrivato era ridottissima. Eppure sul podio c’è posto solo per tre vincitori. Ecco perché non capisco il criterio di elaborare la posizione nel medagliere privilegiando il colore delle medaglie più che il numero totale di quelle ottenute. E sulla decisione di partecipare ai giochi sotto una o un’altra bandiera, meglio non parlare…
Faccio ora un esercizio dei “fantamatematica” sui Paesi (bandiere) che hanno ottenuto dieci o più medaglie a Parigi. Sono 22. Come al solito, al primo posto ci sono gli Stati Uniti. La sua popolazione* supera i 341 milioni di persone, si tratta cioè di una grossa “miniera” di atleti e sportivi e anche una grossa fonte di finanziamento (pubblico e privato) per sostenerli. Se questa “miniera” ha avuto 125 medaglie, quante avrebbero dovuto ottenerne altre simili, però di Paesi meno popolati? Il risultato è interessante. Al primo posto ci sarebbe l’Australia: ai suoi 27 milioni di abitanti corrisponderebbero 10 medaglie, mentre ne ha ottenute 53. Vuol dire che lo sport australiano è più curato? Forse sì. Seguono Francia, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Italia… e si arriva fino a dodici Paesi che sostengono meglio degli Usa il loro sport. Poi, allo stesso livello degli Stati Uniti, ci sarebbero Giappone, Spagna e Uzbekistan. E sotto questo standard altri sei Paesi che non hanno raggiunto il livello possibile in base alla loro popolazione, ma probabilmente con meno risorse per sostenerlo. Curioso il caso della Cina: ad una “miniera” di oltre 1.400 milioni de abitanti corrisponderebbero oltre 500 medaglie! Invece sono “soltanto” 91. Dicevo prima che questo era un esercizio dei “fantamatematica”.
In una cosa però il medagliere olimpico è oggettivo: nel medagliere della prima edizione, quella del 1886, appaiono soltanto 11 Paesi; in quello del 1920 sono già il doppio, 22; e in quello del 1960 di nuovo il doppio, 44. A Barcellona 1992 sono 65 e a Parigi sono diventati 91. L’olimpismo sognato dal barone de Coubertin si è fatto strada.
*) Dati di popolazione consultati nel sito https://countrymeters.info/ su informazioni del Dipartimento affari economici e sociali delle Nazioni Unite.