Mazzini, controverso ma necessario

Apostolo della verità e monaco della politica, fu profeta sia dell’Italia che dell’Europa unita
Giuseppe Mazzini (wikipedia)

La Breccia di Porta Pia risaliva a solo un anno e mezzo prima e forse non era stata ancora materialmente riparata, ma l’Italia unita era già in pratica una realtà. E questo grazie anche a lui, Giuseppe Mazzini, che la sognava da decenni, e che da decenni si era votato completamente e quasi religiosamente a quella causa: il Risorgimento italiano, dopo secoli di frammentazione politica e di sudditanza alle potenze straniere, in una società oppressiva, arretrata e largamente analfabeta.

Moriva a Pisa, straniero nella sua stessa patria ormai unita, ancora perseguitato dai meccanismi infernali e inesorabili della giustizia, sempre vestito di nero, com’era sua abitudine, come segno di lutto per una nazione asservita e divisa. Perfino il nome che aveva preso, non aveva niente a che fare con lui: George Brown.

Era il 1872. A 150 anni dalla morte, Mazzini ci appare come una figura controversa ma necessaria. Figura controversa, perché il suo ideale unitario (ma fortemente repubblicano e quindi antimonarchico e anticlericale) aveva acceso l’animo e la mente di tanti giovani che poi sono morti in azioni e spedizioni fallimentari, dai Martiri di Belfiore alla Spedizione di Sapri, tanto che lo stesso leader attraversò la “tempesta del dubbio”.

Figura necessaria, perché il suo mondo morale, i suoi insegnamenti e i suoi ideali (molti riassunti nella sua opera più nota, dedicata ai Doveri dell’uomo, 1860) ci interpellano sul cammino fatto dall’Italia in questo secolo e mezzo.

Nato a Genova nel 1805, Mazzini, da vero apostolo della verità e monaco della politica, predicava l’istruzione popolare, obbligatoria e gratuita per tutti, l’emancipazione delle donne, la giustizia sociale, il suffragio universale, la promozione della famiglia, una nuova e moderna Costituzione fondata sulle riforme sociali e politiche più necessarie e urgenti in quei tempi di grande arretratezza.

Predicava l’educazione nazionale e la collaborazione fra le classi, difendeva la proprietà privata, promuoveva l’armonia fra diritti e doveri, fra individuo e collettività. Condannava perfino il consumismo, la produzione eccessiva di beni di lusso. E sognava la fratellanza fra le nazioni europee, fondando – tre anni dopo la Giovine Italia – la Giovine Europa nel 1834, dopo le prime esperienze con i Carbonari.

A Mazzini dobbiamo queste due forme profetiche di “Erasmus della libertà”. A lui che conobbe l’arresto, il carcere, il tribunale, la persecuzione, mentre i suoi seguaci erano visti dai poteri costituiti e dai conservatori come briganti, fuorilegge, terroristi. «Noi desideriamo soprattutto l’unità nazionale, voi l’ingrandimento territoriale», faceva osservare con lucida malizia Giuseppe Mazzini al fine tessitore Cavour, che portava avanti la sua azione, sospesa fra diplomazia e fucili, a favore di un’Italia riunita dai Savoia.

Solo il ruolo assunto nel triunvirato della Repubblica Romana, durata solo una manciata di mesi nel 1849, permise a Mazzini di attuare il suo “pensiero e azione”, slogan della sua campagna politica, ispirata profondamente dal cristianesimo e orientata contro il federalismo, il nascente socialismo, un sistema fatto di caste e di privilegi.

Il suo sentimento patriottico – schierato contro un papato che secondo lui aveva ormai perso la sua funzione storica – si nutre del principio di educazione come esperienza progressiva e permanente, di grande spirito di sacrificio, di lotta senza quartiere per l’affermazione dei propri ideali, anche a prezzo della vita, se è in gioco il bene dell’Italia e degli italiani.

È il bene dell’umanità intera, amata in ogni luogo dove la tirannide prevalga sulla libertà, il suo chiodo fisso ideologico, insieme al principio di associazione per l’emancipazione dei contadini e degli operai, chiamati a lottare per l’unità e l’indipendenza dell’Italia: «Senza patria, voi… siete i bastardi dell’umanità».

L’influenza di Mazzini è stata enorme, soprattutto a livello morale ed emotivo: l’edizione nazionale delle sue opere consta di 94 volumi. La Rai nel 1972, a un secolo dalla morte, trasmise uno sceneggiato per la regia di Pino Passalacqua e farne un altro con le tecniche di oggi non sarebbe un’idea malvagia, soprattutto per rinnovare la memoria di un uomo che ha anche sbagliato sì, ma ricordando sempre di mettere il bene comune (la famiglia, la patria, l’umanità) al di sopra di qualunque interesse privato o personale.

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