Maurizio Pollini
Serata Chopin. Roma, Accademia Nazionale Santa Cecilia.
Vincitore nel lontano 1960, ancora ragazzo, del premio Chopin, Pollini è uno dei massimi interpreti del compositore polacco. Nell’anno dedicato al grande Fryderyk l’omaggio è inevitabile e il pianista, in ottima forma, gli ha dedicato anima e corpo in una serata a dir poco trionfale.
Com’è il suo Chopin? Domanda d’obbligo per chi l’ha ascoltato interpretato da Rubinstein, Sokolov, Lupu, Michelangeli e piccoli e grandi pianisti. Pollini ha una sapienza tecnica sbalorditiva. I 24 Preludi, la Ballata n. 1, i due Notturni op. 27 i 12 Studi eseguiti lo hanno visto capace di sonorità drammatiche, quasi il piano fosse un’orchestra, elusive come un sogno in pianissimi teneri; ha fatto sentire il sangue e il fuoco di Chopin, e la carezza lirica, l’eleganza.
Ne è uscito non il compositore malato e femmineo, come ancora si può credere. Ma un poeta dei sentimenti: li costringe dentro una forma cristallina, ma pure rompe e trascende gli schemi: la vita che ha dentro è più forte delle regole. Pollini è magico nella chiarezza precisa degli attacchi, nella corsa delle arcate melodiche e ritmiche, nell’equilibrio dei “rubati”, mai troppo sentimentali, sempre contenuti. Perfetto, trascinante.
Manca forse un po’ più di cuore. C’è troppo Novecento nel suo Chopin?