Matteo Messina Denaro: le connivenze di una lunghissima latitanza
Tutti i grandi latitanti di mafia sono stati catturati in Sicilia. Il pensiero corre ai nomi e ai volti di Bernardo Provenzano, Totò Riina, Pietro Aglieri, Leoluca Bagarella, Enzo e Salvatore Brusca, Sandro e Salvatore Lo Piccolo, Carlo Greco. Tutti rimasti in Sicilia perché la Sicilia era in grado di garantire la loro latitanza. Fanno eccezione in pochi, come i due fratelli Graviano, catturati a Milano, o chi ha scelto latitanze più sicure in Sud America o nei Paesi iberici.
Ma chi mantiene un ruolo nell’organizzazione mafiosa, continua a controllare il territorio e rimane in Sicilia, vivendo quasi indisturbato, con coperture sicure. Spesso anche di insospettabili.
Le connivenze. È uno degli interrogativi più pressanti di questi giorni seguiti alla cattura del latitante. Perché spesso queste coperture toccano ambienti eccellenti e financo gli ambienti della politica.
Gli inquirenti hanno già interrogato Alfonso Tumbarello, 70 anni, medico di base a Campobello di Mazara, fino al dicembre scorso, ora in pensione. Era lui ad aver firmato le prescrizioni per Andrea Bonafede, suo paziente. In realtà le prescrizioni riguardavano, sotto falso nome, Matteo Messina Denaro, il super latitante che, negli ultimi due o tre anni, ha avuto bisogno di ricorrere a cure importanti e persino a due interventi chirurgici. Ora si dovranno stabilire le sue responsabilità. Tumbarello era stato candidato alle elezioni regionali con l’Udc, il partito di Totò Cuffaro, che quell’anno venne eletto governatore e che fu successivamente indagano e condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento mafioso. Era stato anche consigliere provinciale e nel 2011 si candidò come sindaco a Campobello di Mazara, senza centrare però il risultato.
Al vaglio anche la posizione del vero Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che ha ammesso di conoscere da sempre Messina Denaro. Ha ammesso di avere acquistato per lui l’appartamento che fu il suo ultimo covo. Un’ammissione scontata, visto che il suo nome risulta anche nell’atto di compravendita dell’immobile.
Ma sullo sfondo rimangono gli interrogativi di sempre. Una latitanza dorata, in un normale appartamento, con tutti i confort e non un rifugio nelle campagne. La scelta fatta da Messina Denaro era ben precisa: aveva deciso di non nascondersi, anzi di non nascondersi troppo. Nonostante gli identikit diffusi su di lui, nessuno lo ha mai riconosciuto, nessuno ha mai sospettato prima d’ora una possibile somiglianza con il ricercato numero uno d’Italia.
Se si è mosso così agevolmente, Messina Denaro ha avuto certamente coperture importanti. Il Procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha detto con chiarezza che Messina Denaro ha avuto il sostegno e l’aiuto di «fette importanti della borghesia siciliana».
Ora bisognerà ricercare anche i suoi nascondigli precedenti, seguire all’indietro le possibili tracce, anche di Giovanni Luppino, l’autista che lo ha accompagnato e che è stato arrestato insieme a lui. Di certo, nel nascondiglio non sono stati trovati documenti importanti. È probabile che si trovino altrove.
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