Mattatore di parole

Dopo tanto cinema, Elio Germano torna alla prima passione, il teatro. Si rimette in gioco con un testo apparentemente sconclusionato: Thom Pain (basato sul niente), di Will Eno.
Elio Germano

Dopo tanto cinema, Elio Germano torna alla prima passione, il teatro. Si rimette in gioco con un testo apparentemente sconclusionato: Thom Pain (basato sul niente), di Will Eno. Un illusionismo verbale di un antieroe solitario, uno sputasentenze alle prese con un resoconto, non lineare, della propria esistenza; per un bisogno di comunicare che chiama in causa lo spettatore «libero di immaginare».

Ascoltiamo la sua voce nel buio totale dell’inizio. Poi, vocabolario in mano, Germano cerca il significato di parole da plasmare, che prendono corpo e scorrono a ruota libera, alla ricerca di senso. «Un uomo da solo cosa può fare?», ci chiede.

Tra banalità e luoghi comuni, ricordi di bambino e aneddoti adolescenziali, barzellette e silenzi, entrano in campo domande esistenziali. Cosa intendiamo con la parola amore, che valore daremmo al tempo se sapessimo che ci rimangono tre giorni di vita o quarant’anni? Butta in scena parole come paura, vuoto, smarrimento, speranza. Cerca l’osmosi col pubblico, tenta di sedurre, ci strappa risate. Si dona e subito si nega. Chiede aiuto e improvvisa giochi di prestigio per riempire la distanza. Mescola finzione e verità. E rivela un talento camaleontico che però avrebbe bisogno dello sguardo esterno di un regista.

 

A “Settembre al Borgo”e a Roma per “Le vie dei festival”.

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