Mattarella e il semestre bianco
Mattarella e presidenza della Repubblica. Si sente sempre più spesso parlare di “semestre bianco” e magari viene in mente una qualche iniziativa ecologica; invece si tratta di un periodo legato ai ritmi istituzionali, e in particolare alla scadenza del mandato del Capo dello Stato, oggetto di una specifica disposizione costituzionale.
Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Così l’articolo 88 della Costituzione. Al primo comma, è conferito al Capo dello Stato il potere di scioglimento delle Camere; al secondo comma tale potere è soggetto a un limite temporale: non può essere esercitato negli ultimi sei mesi del settennato; da qui la denominazione di “semestre bianco”. L’unica eccezione riguarda la possibile coincidenza della scadenza naturale della legislatura con il semestre, circostanza che si verificò durante la Presidenza Cossiga e indusse il Parlamento a modificare la formula originaria per inserire l’eccezione. Si, perché è necessario che il Presidente della Repubblica emani un provvedimento di scioglimento delle Camere anche quando, trascorsi i cinque anni previsti per ogni legislatura, Camera e Senato “scadono”.
Dal 1° agosto inizia il semestre bianco di Mattarella. Eletto il 31 gennaio 2015, il 31 gennaio 2022 si concluderà il suo mandato, che sarà quindi pieno fino a fine luglio 2021. L’elezione del nuovo Presidente della Repubblica è prevista per febbraio 2022.
Naturalmente questa volta non vi è coincidenza tra la scadenza del mandato del Capo dello Stato e la fine della XVIII legislatura, che è iniziata il 23 marzo 2018 e si concluderà nel marzo 2023. Quindi il semestre bianco di Mattarella sarà “pieno”: egli non potrà sciogliere le Camere e pertanto durante quei mesi non sarà possibile andare incontro alle elezioni anticipate.
Il semestre bianco provoca qualche ricaduta sulle altre istituzioni? Di per sé non dovrebbe, ma un parlamento inquieto e una maggioranza non solidissima potrebbero guardare con una certa… bramosia alla cosa. Un Capo dello Stato con le armi spuntate, anzi: privo del massimo potere dissuasivo nei confronti di un parlamento poco conciliante (quello di mandare “tutti a casa”), non c’è dubbio che possa costituire un detonatore per una crisi di governo, che purtroppo è sempre dietro l’angolo. In più, l’attuale Presidente del Consiglio dei ministri è una delle figure più accreditate per salire al Colle e già mondo politico e commentatori hanno creato i due schieramenti “Draghi al Quirinale” e “Draghi ancora a Palazzo Chigi”. In particolare, alcune forze politiche che compongono la maggioranza sono apertamente orientate a favorire il trasferimento del Presidente Draghi al Colle. Una tale elezione comporterebbe fatalmente la caduta del Governo, quindi si potrebbe applicare senza colpo ferire il vecchio brocardo promoveatur ut amoveatur e riaprire i giochi per un’altra maggioranza.