Matrimonio e autonomia: come mantenere la propria identità

La paura di perdere l’autonomia è una preoccupazione comune quando ci si avvicina al matrimonio. Questo timore può influenzare la qualità della relazione e il benessere personale, ma attraverso un percorso di crescita e strategie efficaci, è possibile trovare un equilibrio tra l’essere parte di un’unione e mantenere la propria indipendenza.
Foto Pexels

La paura di perdere l’autonomia in una relazione matrimoniale può derivare da vari fattori, quali le aspettative tradizionali riguardo i ruoli di genere, che possono far sentire le donne intrappolate in posizioni subordinate, oppure l’esperienza di autonomia durante l’infanzia e l’adolescenza, che può influire su come una persona gestisce l’indipendenza nelle relazioni adulte.

In molte società, gli uomini sono tradizionalmente i principali fornitori economici, il che può portare a situazioni di controllo e abuso. Alcune culture supportano implicitamente il controllo economico all’interno delle relazioni, rafforzando la dipendenza finanziaria. Anche le relazioni passate caratterizzate da controllo o dipendenza possono instillare il timore di rivivere situazioni simili. Queste paure possono portare a diverse conseguenze, tra cui: stress, ansia, conflitti relazionali generati dal timore di essere sopraffatti e la paura di perdere il controllo sulla propria vita che potrebbe minare l’autostima e la sicurezza in sé stesse.

La paura è un’emozione primaria che ha un ruolo evolutivo cruciale nel garantire la sopravvivenza e la protezione individuale. È un meccanismo di difesa innato, radicato nelle esperienze evolutive umane. Quando la paura diventa pervasiva e ci ostacola in più aree del funzionamento quotidiano, può essere utile esplorarne le ragioni e le origini specifiche, attraverso un supporto psicologico che possa fornire delle tecniche utili per gestirla in modo più funzionale.

L’autonomia si riferisce alla capacità di un individuo di prendere decisioni e agire in modo indipendente, basandosi sulle proprie convinzioni, valori e desideri. Questa capacità è strettamente legata a tre componenti fondamentali: consapevolezza (abilità nel comprendere le proprie emozioni, pensieri e necessità, nonché di riconoscere l’influenza dell’ambiente esterno su di esse), spontaneità (capacità di esprimere sé stessi in modo autentico e naturale, senza essere eccessivamente influenzati da aspettative e pressioni sociali), intimità (stabilire relazioni profonde e significative con gli altri, mantenendo la propria identità e indipendenza).

L’autonomia è considerata una condizione psicologica essenziale per il benessere, poiché permette agli individui di sentirsi sicuri delle proprie scelte e di gestire, in modo soddisfacente, tutti gli aspetti della propria vita. Anna è una giovane donna che ha sempre valorizzato la sua indipendenza. Dopo essersi sposata con Giulio, un uomo amorevole e rispettoso, Anna inizia a sentire una crescente paura di perdere sé stessa e la sua autonomia all’interno del matrimonio. Questi sentimenti la portano a ritirarsi emotivamente, creando una distanza tra lei e suo marito. Preoccupata per la sua crescente ansia, Anna decide di cercare l’aiuto di uno psicologo.

Anna ha avuto un’infanzia in cui l’autonomia lavorativa era fortemente incoraggiata dai suoi genitori, che le hanno insegnato a essere indipendente. Tuttavia, le relazioni passate, caratterizzate da controllo e dipendenza affettiva, hanno lasciato cicatrici emotive profonde. Anna si è resa conto che la percezione di non essere indipendente non fosse causata dall’atteggiamento del marito, ma da sue profonde difficoltà a gestire le distanze e i confini. Anna avrebbe dovuto semplicemente permettere a sé stessa di essere ciò che è: una donna adulta, lavoratrice e, da poco, anche moglie. Ma pensieri catastrofici e intrusivi riempivano la sua mente, causandole una grande sofferenza.

Ecco il circolo vizioso: pensieri irrazionali, paura che prende il sopravvento, anche in momenti inaspettati della giornata e conseguente comportamento difensivo. Secondo Mario Di Pietro i pensieri irrazionali si possono suddividere i 5 categorie: le doverizzazioni, come ad esempio: “Mio marito deve essere felice in ogni momento” (questo tipo di pensiero porta spesso a frustrazione e stress quando le aspettative non sono soddisfatte); pensieri di insopportabilità che enfatizzano l’aspetto negativo di una situazione o di una persona, ad esempio: “Non posso sopportare che mi critichi”; oppure giudicare sé stessi o gli altri in modo estremo basandosi su poche evidenze, pensiero che potrebbe far vivere sentimenti di vergogna e inadeguatezza. Infine i pensieri catastrofici che si manifestano quando si immagina che una situazione sia peggiore di quanto lo sia in realtà, ad esempio: “Se fallisco questo esame, la mia vita sarà rovinata”. Questi pensieri alimentano la paura e l’ansia, distorcendo la percezione della realtà; oppure la convinzione che qualcosa sia assolutamente necessario per il proprio benessere, come ad esempio: “Ho bisogno che tutti mi approvino per essere felice”. Questo tipo di pensiero porta a insicurezza e dipendenza dagli altri.

Con il tempo e il supporto psicologico, Anna inizia a identificare i propri pensieri irrazionali, comincia a sentirsi più sicura e realizzata all’interno della sua relazione matrimoniale, scopre di aver vissuto delle relazioni caratterizzate da una forte insicurezza e comincia a sviluppare consapevolezza, scoprendo l’origine delle proprie paure. La sua autostima cresce e la paura di perdere l’autonomia diminuisce significativamente. Finalmente si ritrova ad essere una donna pienamente realizzata.

__

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it
_

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons