Matera. La bellezza dolente dei Sassi
Non basta un giorno per visitare Matera, soprattutto quando il sole brucia e la luce si riverbera sulle pietre chiare. Meglio approfittare del fresco per scoprire i segreti nascosti nel suo ventre di pietra. Scavata nella roccia calcarenitica e affacciata a strapiombo sulla gravina, di fronte alla piana della Murgia, la città dei Sassi appare divisa in due. Da un lato, c’è il Sasso Barisano, che guarda verso Bari, dall’altro il Caveoso, orientato verso Montescaglioso, «separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra», come scrisse Carlo Levi nel 1945.
Da vergogna d’Italia a orgoglio d’Europa
E proprio le pagine, dolenti e ammirate, dedicate a Matera nel libro Cristo si è fermato ad Eboli determinarono la svolta per questa città. La morte e la rinascita. La vita nei Sassi, un tempo simbolo di convivenza armoniosa tra uomo e ambiente, era cambiata. Le misere condizioni degli abitanti, che nelle scure abitazioni vivevano con figli e animali, con un tasso di mortalità infantile quadruplo rispetto alla media nazionale, attirarono in città politici e studiosi. Nel 1948, Palmiro Togliatti, segretario del Partito comunista, definì la vita nelle case-grotta la vergogna d’Italia. Dopo di lui, Alcide De Gasperi parlò di infamia nazionale e predispose un piano di svuotamento: i due terzi degli abitanti furono obbligati a trasferirsi in nuove abitazioni, mentre le case-grotta passarono allo Stato. Nonostante i tributi artistici e cinematografici e il prestigioso riconoscimento come Patrimonio dell’umanità concesso dall’Unesco nel 1993, il marchio di “vergogna d’Italia” continua a bruciare nei cuori dei materani. Quest’anno, però, la città ha avuto la sua rivincita. Proclamata capitale europea della cultura, festeggia il suo nuovo orgoglio con cartelli e manifesti con la scritta “Matera open future”. La bandiera dell’Unione europea è affissa a porte, finestre e monumenti e nelle viuzze il dialetto locale si intreccia agli idiomi dei visitatori che ogni giorno quasi fanno raddoppiare il numero di abitanti della città.
Tradizioni e prodotti di qualità
Per scoprire gli anfratti dei due Sassi, gli itinerari cinematografici e storici e le abitazioni antiche, la città offre due principali modalità. Ci sono le visite (guidate o libere) a piedi, lungo gradini irti che aprono a scorci suggestivi e alle immaginifiche opere di Salvador Dalí, disseminate sul territorio: da piazza Vittorio Veneto con l’Elefante trampoliere, a piazza San Francesco d’Assisi. Qui, a pochi metri dal Pianoforte danzante, incontriamo Pasquale Montemurro, volontario della festa della Madonna della Bruna, che a luglio coinvolge abitanti e visitatori nella distruzione del carro trionfale. «Il riconoscimento di città europea della cultura ha attirato turisti anche dalle Americhe e dall’Australia, accorsi per ammirare una città unica, il paesaggio e la cultura che a Matera è davvero importante», sottolinea Montemurro, indicando come raggiungere piazzetta Giovanni Pascoli, dedicata al grande poeta che qui insegnò. Le viuzze del centro sono vivacizzate dalle botteghe dei prodotti tipici, dalle ceramiche alle specialità alimentari, e da ristoranti che propongono specialità locali: il pane di Matera Igp alto o a cornetto, la “cialledda”, un piatto della tradizione contadina, i peperoni “cruschi”, la cicoria e le fave, i deliziosi gelati artigianali. Allo stesso prezzo del tour a piedi si può fare un giro sull’ape calessino. A guidarci è Paolo, che ci accompagna dalle cavità “borghesi” del Sasso Barisano a quelle più semplici del Caveoso. Ammiriamo lo strapiombo della gravina e il centro antico della Civita, dove il duomo sovrasta maestoso i due quartieri, e il Monterrone, dove sorgono le chiese rupestri di Santa Lucia e di Santa Maria de Idris. Dallo spiazzo che sormonta questo sperone di roccia, si sente battere il cuore della città, lento e costante, più forte del tempo e delle intemperie. «Matera – ha detto il vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo – ha saputo abitare tempo e spazio. È stata forte nella debolezza ed è resuscitata».
Una notte nella casa-grotta
Un’esperienza suggestiva, anche se non priva di tremori per chi non ama gli spazi chiusi, si vive alloggiando nelle case-grotta. Ad alcuni anziani sembra paradossale che siano diventate locali per la ristorazione e alberghi. Eppure sono proprio le più richieste da chi vuole immergersi nella storia di questa terra. Entrando nella casa-grotta, ci si lascia alle spalle la luce del sole. L’alloggio privo di finestre si apre su più livelli consecutivi che scendono sempre più in basso, con le pareti di roccia nuda, il focolare, la neviera e l’immancabile cisterna per l’acqua. All’epoca, se serviva spazio per un figlio o per un animale, si scavava nel tufo una stanza in più, in un intrico di veri e propri labirinti, che hanno trasformato la stessa strada dove si camminava in pavimento per qualcuno e tetto per qualcun altro.
La cultura, passaporto per il futuro
Quando le celebrazioni finiranno e il flusso di turisti tenderà a scemare, cosa sarà della città? È questo l’interrogativo più pressante di chi ha investito per tempo e ora raccoglie i frutti del proprio lavoro e di chi si sta lanciando adesso in investimenti incerti, che rischiano di non superare il 2020. Emanuele Pellegrino di Agristories, cultura e gastronomia, ha puntato sulle tipicità per unire tradizione e sviluppo sociale. Broker assicurativo di 34 anni, ha scommesso con altri imprenditori su delizie come i fagioli di Sarconi, le bistecche delle mucche podoliche e il vino tannico, per «far capire che si può andare avanti insieme, con le nostre forze». L’importante è puntare sulla qualità di prodotti veri e su progetti di sviluppo non improvvisati. Un’altra possibilità è investire nella cultura e nella forza della comunità. Il patrimonio artistico e culturale cittadino, spiega Marco Pelosi, vicedirettore del Museo diocesano, «ha giocato un ruolo importante nell’acquisizione del riconoscimento europeo», ma la commissione ha scelto Matera soprattutto «per il coinvolgimento della cittadinanza nella riscoperta delle proprie radici culturali. Per la presa di coscienza collettiva» del valore di questo patrimonio. Una consapevolezza e un orgoglio che portano alla valorizzazione di ciò che si ha. Come è accaduto per la cripta del Peccato originale, poco fuori la città, nota come la “Cappella Sistina del Sud Italia”, che spicca tra le tante Chiese rupestri a Matera, perle di bellezza e di cultura, come le ha descritte la studiosa Maria Pina Rizzi nell’omonimo libro edito dalla Lev.
L’essenza della città dei Sassi si coglie proprio nel suo orgoglioso cuore di pietra: granitico, ma capace di sanguinare. La pietra è stata la sua croce e ora è la sua forza, in una storia che fu di infamia e oggi è di gloria, di speranza e di rinascita.