Masolino e gli albori del Rinascimento
Masolino è come la primavera. Fine, gentile, aristocratico. Mai troppo. Per questo è amato da chi non ha fretta, ha l’animo sensibile al sentimento e ad una visione della vita emotiva ma composta.
Nel Museo della Collegiata di Sant’Andrea è esposto l’affresco staccato dal Battistero che raffigura la Pietà. Forse del 1424 o dell’anno della morte del collega più giovane Masaccio con il quale ha affrescato a Firenze la Cappella Brancacci.
L’opera è una delle più serene rappresentazioni del Christus patiens, morto e risorto al tempo stesso. Sul fondo azzurro il Cristo è dritto sul sarcofago classico, sostenuto da Maria e Giovanni. È chiaro, luminoso, le ferite appena accennate, le ombre delicate e levigate. Un corpo fresco. Giovanni biondo vestito di rosa primaverile piange, Maria in blu violaceo tiene la mano rigida al Morto: ma nessuna disperazione, nessuna lacrima come in tanta arte italiana o nordica contemporanea. Masolino è misurato. Sopra, s’innalza la croce lucente con i flagelli al vento. Più in alto il Cristo frontale della Veronica ci guarda con una tale acutezza da essere immagine della umanità più bella e sicura che ci parla.
Il momento più commovente della poesia religiosa di Masolino si concentra sul volto di Cristo: una barba adolescenziale, lineamenti regolari, gli occhi socchiusi, una maestà e una dolcezza squisita che fanno pensare al Messia del Tributo masaccesco come opera di Masolino e non di Masaccio, come qualcuno ha ipotizzato. C’è fede e bellezza che qui è armonia anche nel dolore, come capirà pure l’Angelico presente in mostra con una giovanile Madonna col Bambino.
Davanti all’affresco si può contemplare, lasciare spazio alla consolazione che ci riempie lentamente coi tempi equilibrati di Masolino. Un rinascimento umbratile senza scosse.
Succede lo stesso nel frammento che è la tavola di San Francesco (1415 circa, collezione privata). Il santo è alto, longilineo, il saio scivola elegante sul corpo in tenui chiaroscuri, le dita esili aprono la ferita sul costato, l’altra mano forte sostiene il vangelo. Il volto, pacato, severo al punto giusto ma non duro, armoniosamente pennellato dice una fede provata, però amica, partecipe.
Masolino sa essere sempre signorile, come nel San Giuliano, un cavaliere biondo dalla spada appuntita, vestito di rosso e viola, nobile. Figura raffinata come la Madonna col Bambino dagli Uffizi, preziosa, vestita di un rosa aurorale sul blu del manto, con il piccolo pantocratore a succhiarle il seno: naturalezza e discrezione, musicalità di luce e di colore. La bellezza senza strepiti, naturalmente aristocratica.
Intorno a Masolino si assiepano in mostra Angelico e Lippi, Lorenzo Monaco e una schiera di artisti di fine secolo che accompagnano lui, come solista, di una orchestra che riceve luce e incitamento dalla sua visione trasfigurata e fascinosa. Altro che un artista “minore”!
Empoli, Museo della Collegiata di Sant’Andrea e chiesa di Santo Stefano degli Agostiniani. Fino al 7/7 (catalogo Mandragora)
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