Martinez: Ripensare la politica, non un partito nuovo

Il presidente del Rinnovamento nello Spirito sottolinea la dimensione missionaria dei laici anche nei partiti, ma «bisogna riaffezionare la gente e i giovani all'impegno»
Salvatore Martinez

L’appuntamento a Todi di tanta parte del mondo cattolico si avvicina. In attesa delle possibili prospettive che emergeranno si rincorrono le domande riguardo a cosa segnerà l’incontro del prossimo 17 ottobre. Il card. Bagnasco aveva anticipato il sorgere di «un soggetto di interlocuzione culturale e sociale con la politica» ancora tutto da vedere nella sua fisionomia e comprendere nelle sue caratteristiche e funzioni.

 

Salvatore Martinez è il presidente di Rinnovamento nello Spirito e fa parte della segreteria di Retinopera, l’associazione che raduna le 18 principali aggregazioni ecclesiali o di ispirazione cristiana e intende valorizzare la Dottrina sociale della Chiesa.

 

La prospettiva aperta dal presidente della Cei le risulta una novità?

«Ritengo sia la naturale conclusione di un processo che tre anni orsono aveva visto Benedetto XVI sollecitare una nuova generazione di cattolici impegnati in politica. Oggi i tempi sono maturi perché il cattolicesimo plurale che l’Italia rappresenta possa bandire residui atteggiamenti di divisione e dar corso ad una forte interposizione ideale, morale, spirituale, culturale e politica, tutte espressioni che il movimento cattolico in Italia ha sempre più precisato».

 

Dunque, un segno di particolare fiducia verso il laicato cattolico associato?

«Il cardinale sa che c’è una sostanziale unità, un’amicizia crescente tra i soggetti che rappresentano i movimenti ecclesiali e le associazioni perché già in diverse reti e in vari forum sperimentano la grazia dello stare insieme e di discernere insieme questo nostro tempo. C’è perciò una convergenza ideale ispirata dalla Dottrina sociale della Chiesa che ha preparato negli ultimi anni un cammino e una testimonianza univoca. Il card. Bagnasco porta ad evidenza un processo di comunione e di esplicitazione di una dimensione missionaria del laicato italiano».

 

Eppure si parla con insistenza di un nuovo partito cattolico che a Todi dovrebbe vedere la luce o le premesse. Cosa pensa?

«Attenzione! Non si parla di un soggetto politico con le caratteristiche tradizionali di un partito, ma di un soggetto di interposizione che sui temi negoziabili e non negoziabili – preciserei quelli negoziabili –, prova a declinare, a partire da quella laicità cristiana, il nostro modo di leggere la realtà e di esigere che la politica sia attenta e prodiga verso le attese di milioni di cittadini».

 

Intende perciò escludere l’eventualità  un nuovo partito?

«Noi rispondiamo in primo luogo ad un esigenza che dal 1992 ha rincorso un po’ le nostre coscienze per far tornare a dialogare comunità politica e comunità ecclesiale: si era creata una frattura tra i due soggetti e non c’è dubbio che bisogna trovare un soggetto pre-politico, una condotta pre-politica forte che torni, da una parte, ad ispirare la politica e a disaggregare coloro che militano nelle diverse formazioni politiche per riaggregarli attorno ad un’idealità comune e, dall’altra, a favorire il collegamento con la comunità ecclesiale o con le associazioni che il mondo cattolico esprime».

 

Insomma, c’è adesso bisogno di molto di più di un semplice partito.

«Più che pensare ad un nuovo partito c’è da ripensare la politica, il modus vivendi della politica e la possibilità di riaffezionare la gente e le nuove generazioni a questa altissima forma di carità. C’è quindi tutto un lavoro educativo e formativo che insieme decidiamo di fare e che troverà certamente nel soggetto di Retinopera una sua esplicitazione ideale forte. Poi è anche vero che, scomodando il Vangelo, che vino nuovo si deve mettere in otri nuovi e pertanto ci si rende conto che sia la forma tradizionale del partito sia il sistema elettorale che porta ad esprimere le rappresentanza politiche sono da ripensare. E non c’è dubbio che una forte interposizione di popolo richiamerà l’importanza di ripensare e rinnovare l’istituto dei partiti e la capacità della gente di esprimere fiducia nei candidati e di esigere un riscontro dell’operato una volta eletti».

 

L’intervento determinante del presidente de della Cei non limita ancora l’autonomia del laicato cattolico?

«Credo che sia necessario che la Chiesa, attraverso la gerarchia, esprima una paternità. Ritengo, anzi, importante la presenza del card. Bagnasco perché si stabilisca ancora di più un legame rispettoso e fecondo con la gerarchia, non dimenticando il fatto che parla ai credenti ma senza indicare quali compiti e obbiettivi il Forum del lavoro e Retinopera hanno deciso e intendono darsi. Piuttosto vedo il riconoscimento di un ruolo, l’apprezzamento di uno sforzo che è frutto di un cammino, rinnova la fiducia verso un laicato organizzato che si è messo in rete e intende sostenere questo disegno nuovo che si esprime attorno ad un soggetto di interlocuzione culturale e sociale».

 

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