Martha Argerich
S. Prokof’ev, Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra. Roma, Accademia Nazionale Santa Cecilia.
A settant’anni, Martha porta ancora i capelli sciolti sulle spalle, inargentati. Di energia ne ha da vendere. Affronta l’ostico Terzo Concerto del 1921 – prima esecuzione a Chicago – con una scioltezza da brivido: c’è quel qualcosa tra il misterioso e l’estatico che accompagna sempre i grandi solisti. La musica del Russo non è facile. Pur nell’ambito della tonalità, occhieggia la modernità.
Il gusto per il contemporaneo sfida la tradizione imprimendo una enorme energia ritmica al racconto musicale.
Prokof’ev non teme di introdurre nell’orchestra strumenti insoliti, come le nacchere, a dar forza al ritmo, come di slargarsi in melodie “russe” molto liriche. Fra incantesimi, lirismi e formidabili accentuazioni ritmiche che preludono ai suoi balletti, egli incita il piano a “sfidare” sé stesso nel gioco con l’orchestra. Martha non ha alcuna remora. Le mani accarezzano i tasti con elasticità miracolosa, vibrano di percussioni violente, scorrono come un vento rapido. Martha possiede in pieno la tecnica e sa “entrare” nel mondo di Prokof’ev, cogliendone i movimenti lirici, sincopati, ruggenti con sicurezza. Bis in duo con Yannick Nézet-Séguin, giovane star canadese, ottima guida dell’orchestra ceciliana.