Siamo su Marte o sulla Terra?
L’altro giorno su Rainews, riprendendo un servizio della Bbc, hanno trasmesso delle foto agghiaccianti dall’Indonesia, a proposito degli incendi di foresta che stanno colpendo numerose isole dell’arcipelago: il cielo era rosso, in una foschia densa e infernale. Lo ricordiamo, l’Indonesia possiede uno dei tre “polmoni verdi del pianeta”: Amazzonia, Africa equatoriale e, appunto, Indonesia. È una situazione che si ripete ogni anno, non è una novità. Il professore associato Koh Tieh Yong, dell’Università delle scienze sociali di Singapore, ha spiegato che questo fenomeno, noto come scattering di Rayleigh, cioè “dispersione di Rayleigh”, ha a che fare con alcuni tipi di particelle presenti nell’aria durante un periodo di foschia. «Nella foschia provocata dal fumo, le particelle più abbondanti hanno una dimensione di circa 1 micrometro, ma queste particelle non cambiano il colore della luce che vediamo – ha detto Koh Tieh Yong alla Bbc –. Ma ci sono anche particelle più piccole, circa 0,05 micrometri o meno, che sono sufficienti a diffondere una luce rossastra più che blu. Il fatto che le foto siano state scattate verso mezzogiorno ha potuto far apparire il cielo ancora più rosso». Il prof. Koh ha aggiunto che questo fenomeno non «modificherà la temperatura dell’aria».
La foschia che ricopre parte dell’Indonesia (non tutta come sostengono i colleghi, vivaddio, l’Indonesia è così vasta che se fosse stato vero saremmo già alla frutta) è causata da incendi appiccati in Indonesia e anche in Malesia tra luglio a ottobre, durante la stagione secca, da parte di grandi società o piccoli agricoltori che sfruttano le condizioni asciutte per eliminare la vegetazione e lasciar spazio alle piantagioni di olio di palma e pasta di legno, al punto che, secondo l’Agenzia nazionale per i disastri dell’Indonesia, circa 328.724 ettari di terra sono già stati bruciati nei primi otto mesi dell’anno. Questa tecnica “taglia e brucia” utilizzata da molti nella regione è probabilmente il modo più semplice per gli agricoltori di ripulire la loro terra e li aiuta a sbarazzarsi di qualsiasi malattia che potrebbe aver colpito le loro colture. Corruzione e cattiva gestione dell’amministrazione statale farebbero il resto.
Queste foto hanno colpito perché hanno toccato l’immaginario collettivo in cui il rosso è il colore del sangue, del fuoco, della violenza, del terrore. La stessa foto se fosse stata giallina non avrebbe colpito proprio nessuno. Ben vengano però queste istantanee (sembra proprio che fossero autentiche e non ritoccate con Photoshop), per continuare a far crescere una sensibilità, quella per la salvaguardia del Creato, che sta diventando centrale nella vita pubblica in ogni angolo del pianeta.
Ma l’emozione, la convinzione di tanti che la nostra Terra è in reale pericolo, le manifestazioni promosse da Greta, l’uso sempre più diffuso di piante da appartamento, una generica “sensibilità ecologica” non bastano ancora. La questione dei cambiamenti climatici non potrà essere risolta solo da misure strutturali che riducano le emissioni nocive. C’è bisogno di un approccio più ampio al fenomeno, come ha magistralmente sottolineato recentemente papa Francesco in Madagascar, rivolgendosi alle autorità locali, citando tra l’altro la sua enciclica Laudato si’: «Abbiamo imparato – ha detto loro – che non possiamo parlare di sviluppo integrale senza prestare attenzione alla nostra casa comune e prendercene cura. Non si tratta solo di trovare gli strumenti per preservare le risorse naturali, ma di cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale».