I maroniti eredi orientali di san Pietro

Puntiamo i riflettori sulla Chiesa libanese per eccellenza. La sua storia di persecuzioni e santità ha ancora un enorme influsso sulla vita della gente del Paese dei cedri

Quando si pensa a Simon Pietro lo si associa immediatamente, oltre che ai Vangeli, a Roma, dove subì il martirio. Senza pensare che l’apostolo, prima di arrivare nella capitale del mondo antico, visse quasi certamente per alcuni anni ad Antiochia, la metropoli siriana dove per la prima volta i discepoli di Cristo furono chiamati cristiani (At 11,26). Oggi Antiochia si chiama Antakya ed è una cittadina turca della provincia di Hatay. Non resta nulla, se non un piccolo museo, della terza città dell’Impero romano (dopo Roma ed Alessandria), che all’epoca di san Pietro contava quasi mezzo milione di abitanti.

 

Con ottimi argomenti, quindi, i cristiani siriaci ritennero fin dall’antichità che san Pietro, prima di diventare vescovo di Roma, fosse vescovo di Antiochia. Ed è per questo che anche oggi il patriarca maronita di Antiochia, quando viene eletto, aggiunge al proprio, anche il nome di “Pietro”. Ho specificato “maronita” perché di patriarcati di Antiochia oggi ce ne sono almeno cinque, anche se nessuno di loro ha più sede ad Antakya: oltre a quello cattolico maronita, ci sono infatti un patriarcato antiocheno-siriaco (ortodosso), uno greco-ortodosso, uno siro-cattolico e uno greco-cattolico (melchita). Senza entrare nei particolari, peraltro complicatissimi, delle suddivisioni antiche e meno antiche dei cristiani, è interessante soffermarsi sulla Chiesa maronita.

 

Il nome deriva da un monaco siriaco, Maroun, vissuto tra il 350 e il 410 nella regione di Antiochia. Amico di Giovanni Crisostomo, Maroun fondò un monastero vicino ad Apamea, che per la fama di santità di Maroun e dei monaci che lo seguirono raccolse le simpatie e la stima di molti fedeli. I monasteri si moltiplicarono anche dopo la morte di mar Maroun (mar significa santo in siriaco). Le vicende storiche dei secoli V-VII furono dolorosamente segnate dai numerosi scismi che spaccarono la Chiesa, e nel 634-638 dalla conquista islamica della Siria.

 

Soprattutto per sfuggire alle violenze di altri cristiani, alcuni monaci maroniti lasciarono la Siria e si rifugiarono a Sud, nelle allora disabitate valli del Libano, insediandosi soprattutto in una stretta valle che da loro prese il nome di Wadi Qadisha, la valle santa. Più tardi, nel 694, un altro monaco maronita, Giovanni Maroun, che era divenuto patriarca di Antiochia, per sfuggire a un’altra persecuzione raggiunse anch’egli il Libano portando con sé il cranio di mar Maroun. Da quel momento la sede dei patriarchi maroniti di Antiochia rimase in Libano, anzi per alcuni secoli, e in due riprese, la Qadisha nascose il patriarca nelle sue grotte, per sottrarlo alle persecuzioni. Fu l’ultimo califfo omayyade di Damasco, Marwan II (744-750), a riconoscere alla “nazione” maronita un’identità propria. In 16 secoli di vita la chiesa maronita ha conosciuto numerose persecuzioni, alcune anche durissime al tempo degli ottomani, ma è sempre rimasta fedele alla comunione con il vescovo di Roma, tanto che i maroniti costituiscono l’unica Chiesa orientale che è sempre rimasta cattolica.

 

Oggi i fedeli maroniti nel mondo sono circa 3,2 milioni, metà dei quali vivono in Libano. Le diocesi sono 27, sparse in 13 nazioni, tutte molto vive e con un’attiva partecipazione dei fedeli non solo alla liturgia ma anche alla vita ecclesiale. La liturgia maronita conserva alcune tracce di siriaco (aramaico), in omaggio alle origini, ma utilizza normalmente le lingue parlate dai fedeli. Il patriarca viene eletto dal sinodo maronita e successivamente riceve il riconoscimento del papa. Gli ultimi 4 patriarchi sono stati nominati cardinali dal pontefice romano, a partire da Paolo VI nel 1965.

 

Un aspetto molto interessante dei maroniti è il fatto di avere preti sia celibi che sposati (uxorati), pur appartenendo a pieno titolo a una Chiesa cattolica. Nei secoli in cui i contatti con i latini si erano persi a causa delle persecuzioni e della distanza, i maroniti non recepirono i decreti latini sul celibato dei sacerdoti e quindi mantennero la prassi orientale di consentire il matrimonio prima dell’ordinazione diaconale. Oggi poco meno della metà dei preti maroniti ha legittimamente moglie e figli, così come avviene peraltro anche in altre Chiese orientali sia ortodosse che cattoliche.

 

 

 

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