Marò: nuovo colpo di scena
Certo che nel febbraio del 2012, quando rimbalzò la notizia dell’accusa ai due marò italiani per aver sparato ed ucciso due pescatori indiani, nessuno avrebbe pensato ad una vicenda così controversa e carica di colpi di scena.
La questione è che l’intera vicenda, al di là di un atto violento che è costato la vita a due indiani del Kerala scambiati per pirati, è andata avanti sempre su questioni e cavilli diplomatici. Se si esclude la visita alle famiglie da parte di rappresentanti delle istituzioni italiane ed un rimborso fatto pervenire a nome del nostro governo, in India la questione è stata di natura politica per via delle elezioni in Kerala, prima, e della pressione dell’opposizione sul partito del Congresso, poi. Anche in Italia non sono mancate tensioni fra governo tecnico e destra per le scelte che il nostro ministero degli Esteri pareva aver fatto, saggiamente mi pare, per una linea morbida e di basso profilo.
Sono stati mesi di trattative e di attese snervanti, prevedibili fin dalla decisione del capitano della nave di tornare in porto e di essere quindi alla mercè delle autorità locali e della macchinosa burocrazia indiana.
Poi, improvvisamente, nei giorni scorsi lo strappo con la decisione di trattenere in Italia i due fucilieri, un tradimento chiaro di una parola presa di fronte alle autorità indiane, che avevano concesso una seconda licenza ai due italiani per permettere loro di votare. Le reazioni dell’India, ovviamente prevedibili, sono arrivate a scavalcare le immunità diplomatiche. L’impedire ad un ambasciatore di lasciare un Paese è, senza dubbio, un atto inopportuno: un diplomatico non può sottostare e non può essere vincolato da decisioni del governo e della magistratura della nazione presso la quale presta il suo servizio in rappresentanza della propria.
L’impressione è che, da entrambe le parti, il braccio di ferro fra le due diplomazie e le dirigenze politiche si sia giocato su errori ed esagerazioni, nel tentativo di mostrare la propria valenza diplomatica e il proprio peso internazionale. Nel corso dei mesi, poi, sono stati commessi altri errori per coprire i precedenti, creando quindi una situazione complessa ed ingarbugliata.
Alla fine, l’Italia ha scelto un ennesimo colpo di scena: il rientro immediato dei due marines in India. Si è spiegato, o forse tentato di spiegare, la decisione a sorpresa, con l’assicurazione da parte del governo di New Delhi che, se gli italiani fossero riconosciuti colpevoli da parte del tribunale speciale, non potrebbero essere condannati alla pena capitale, ancora in vigore nel paese asiatico. Infatti, il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi dichiara che «sulla base delle decisioni assunte dal Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, il Governo italiano ha richiesto e ottenuto dalle autorità indiane l'assicurazione scritta riguardo al trattamento che sarà riservato ai marò e alla tutela dei loro diritti fondamentali. Alla luce delle ampie assicurazioni ricevute, il Governo ha deciso che torneranno in India».
Difficile, almeno per ora, capire cosa sia veramente avvenuto in queste ultime ore. I comunicati ufficiali recitano che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dopo un incontro con Mario Monti, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola e il sottosegretario agli Esteri Steffan de Mistura, convocato al fine di «valutare congiuntamente la posizione italiana e i risultati delle discussioni avvenute tra le autorità italiane e quelle indiane […] hanno aderito alla valutazione» del CISR (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica).
Senza dubbio, l’Italia esce dal contenzioso di questi giorni indebolita nella sua immagine, che pare aver voluto salvare in extremis, a poche ore dalla scadenza del permesso per le elezioni concesso ai due militari italiani. Il ministro degli Esteri indiano ha commentato laconicamente, ma anche positivamente, la notizia del ritorno dei marò nel suo Paese: È «un bene per entrambi i Paesi». L’Italia nutre ancora speranze nella possibilità che si possa arrivare ad un arbitrato internazionale che permetta ai militari di venire «giudicati a casa loro e che tutto venga risolto rapidamente».
Per ora ci sono assicurazioni che i due militari, che arriveranno oggi in India accompagnati dal sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura, potranno risiedere nell'ambasciata italiana a New Delhi e avranno "libertà di movimento".