Mario Quintana
Il centro culturale di Porto Alegre non è uno dei palazzi storici della mia Firenze dove – studente originario di una brutta città di mare – arrivavo a bocca aperta aspettando il verbo da Piero Bigongiari o da Mario Luzi, ultimi oracoli dell’allegoria nel nostro secolo senza allegoria… Nella bella città di mare del Rio Grande do Sul il tempio della poesia e della cultura è un albergo dei primi del secolo, del quale Mario Quintana occupava vivendoci un’unica umile camera e in quella camera, tra un posacenere colmo di cicche, le foto di Chaplin, le traduzioni di Faulkner e di Proust, egli scriveva i suoi
Appuntamenti di storia soprannaturale
La mappa
Guardo la mappa della città
Così come farebbe colui
che esaminasse l’anatomia di un corpo…
(come se non fosse il mio, di corpo!)
Sento un dolore infinito
Per le strade di Porto Alegre
Dalle quali non sono mai passato…
Ci sono così tanti incroci rari e unici,
così tante sfumature di muri,
Tante ragazze graziose
Nelle strade in cui non sono mai passato
(e c’è anche una viuzza incantata
Che neanche in sogno ho mai sognato)
Quando sarò, un giorno di questi,
polvere di strada o foglie secche
nel vento dell’alba,
potrò essere un po’ di quel nulla
invisibile, delizioso
Che renda la tua aria
Più simile ad uno sguardo.
Soave mistero amoroso
Città del mio andare
(già di tanto lungo andare!)
E qualche volta del mio riposo….
Guardo le mie mani
Guardo le mia mani: esse sole non sono estranee
Perché sono mie. Ma è così squisito distenderle
lentamente, come quegli anemoni del fondo del mare…
Chiuderle, improvvisamente,
le dita come petali carnivori!
Da solo, con queste afferro l’alimento impalpabile del tempo,
che mi alimenta e mi uccide e che va nascondendo il pensiero
come i ragni tessono la tela.
A quale mondo appartengo?
Nel mondo ci sono pietre, baobab, pantere
Acque che cantano il vento che soffia e, in alto
le nuvole che improvvisano senza sosta.
Ma niente di tutto ciò dice “esisto”.
Perché solamente esistono…
Perciò
Il tempo genera la morte, e la morte genera gli déi
E noi, pieni di speranza e paura,
Officiamo rituali, inventiamo
parole magiche
componiamo
poemi,
poveri poemi
che il vento mescola, confonde e disperde nell’aria…
Né la stella del cielo né la stella del mare
Sono state lo scopo della Creazione!
Ma, allora,
chi tesse eternamente la trama di sogni così antichi?
E chi fa – in me – questa domanda?
(Traduzione di Giovanni Avogadri)