Mario Luzi, “Vero e verso”
L’ultima interessante raccolta di saggi di Mario Luzi è stata pubblicata dalla Garzanti con il titolo significativo di Vero e verso. La raccolta è curata da Daniele Piccini e Davide Rondoni. A proposito della prosa di Luzi, così scrive Rondoni: “È una prosa sismografo, voglio dire, una prosa che non solo descrive, indica, spiega ma registra in se stessa i movimenti dello spirito che la suscitano. È una prosa, insomma, che ha innanzitutto la qualità di farci avvertire nella sua musica, nel suo movimento, il moto di qualcosa di umano, il segnale di qualcosa che si muove in quell’autore, nel suo recensore o critico e, infine in noi”. Il libro, molto denso e ricco di richiami letterari e filosofici, testimonia il grande amore di Luzi per la poesia e per i poeti. Scrive, infatti: “Qualunque vera e motivata poesia tende a ricostruire un universo perduto: anche se non lo sa, fa questo; e si tende e si modella a questa ispirazione, a quel fine per la maggior parte inconscio. Le immagini e il ritmo, e la metrica, il verso collaborano alla costituzione di un ordine cheriflette il misterioso ordine perduto e percepito come mancante”. Per Luzi, il fare poesia è l’esperienza di una profonda intuizione unitaria del mondo e, come commenta Daniele Piccini, “la misteriosa ricucitura delle lacerazioni avvertite e prodotte sopra l’unità fondamentale e noumenica del mondo, l’unica in grado di dare un’idea, di produrre un presentimento, un’immagine sia pure imperfetta della tenuta ordinata del tutto”. L’aspetto più sorprendente di questo libro è quello di rendere poeti vissuti secoli addietro come Orazio, Dante, Leonardo, Manzoni, Leopardi, Proust, nostri contemporanei al pari di Rilke, Lorca, Machado, Campana, Ungaretti, Bertolucci, Turoldo, in quanto Luzi ha la capacità di farci percepire “la vivezza, la contemporaneità dell’opera anche la più remota, come fosse sul punto di cominciare a parlare, ad agire in quel preciso momento”. Luzi legge le opere dei suoi amici poeti sapendo che in quelle parole affiora la coscienza, che è la parte più vera di ogni essere vivente. Tutti i poeti sono colti sempre nella loro più vera umanità, se mai “nel dramma dei loro spazi di azione e degli incontri/ scontri con la storia”. Non c’è poeta che non venga “interrogato nel vivo del suo passaggio terreno, della sua storia vitale “. Ogni pagina di Luzi prova come tutta la vita del poeta entra nella sua opera, e come nulla del suo cammino tra gli uomini è insignificante per la comprensione delle sue opere. Difficile dimenticare le pagine dedicate a Dino Campana, uno degli autori più amati da Luzi, il ritratto del caro amico Carlo Bo in ricorrenza dei suoi novant’anni, e il piccolo ma prezioso saggio sulla narrativa dell’amico scrittore Romano Bilenchi. Sono scritti di grande moralità dove ancora una volta Luzi richiama lo scrittore, sia esso poeta o narratore al suo dover essere, che è quello di rispondere ad una chiamata interiore che nulla ha da spartire con l’audience o con l’acclamazione del pubblico. La figura dell’autore è per Luzi essenzialmente simbolica, in quanto “assomma in sé i connotati dell’uomo in generale e… vive e consuma al massimo grado i problemi che il suo tempo gli propone”, ma nello stesso tempo nominando le cose le sottrae al “dramma dell’insignificanza”. Il libro si chiude con una serie di interventi sul lavoro dello scrittore. Tra questi, particolarmente interessanti una riflessione sulla pace e un breve scritto sul rapporto tra poesia e politica. Se la pace corrisponde al desiderio universale degli uomini, essa non può ridursi ad una semplice non belligeranza. Il suo stato di grazia è espresso pienamente da quella parola di Gesù: “Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace”. La pace dell’amore quindi, come unica via percorribile. E, se compito della poesia è dare senso alla cose, assorbire e pacificare le conflittualità dell’essere, la politica, strettamente legata allo sviluppo della cultura in ogni nazione, deve porsi come obiettivo primario quello di “rendere lo stato più umano e, oserei dire, fraterno, la sua necessità meno gelida, la sua motivazione affabile”.