Mario Lodi, un grande maestro
Chi alle elementari ha avuto un buon maestro, se lo ricorderà per tutta la vita. Mario Lodi, classe 1922, morto a 92 anni nel 2014, è stato un buon maestro, anzi un grande maestro, e anche un grande scrittore, che ha influenzato una intera schiera di insegnanti delle elementari.
Diplomato nel ‘40 all’Istituto magistrale di Cremona, diventa maestro nella zona di Piadena e Drizzona, in piena pianura bassopadana. Si è nel dopoguerra, e a quei tempi il maestro insieme con il parroco, il medico e il sindaco era l’autorità del paese. Ma lui non percepisce il suo ruolo come autorità, sente la vocazione a trasmettere ai bambini il desiderio di realizzare a pieno, attraverso la scuola, le loro potenzialità.
Il suo metodo di insegnamento inizialmente è ispirato a quello del francese Célestin Freinete e della sua proposta chiamata “metodo naturale”, che consisteva nel fare riferimento alla vita reale per impostare l’attività didattica. Diceva Lodi: «I bambini arrivano in classe con un sapere: esplorando il mondo hanno imparato a osservare, a parlare e sviluppato spontaneamente un’enorme mole di conoscenze. Da lì bisogna partire, cominciando a non ignorare le cose che sanno e replicando il metodo con cui le hanno apprese. Un bambino che nasce ha nel pianto il primo strumento per esercitare la libertà di espressione, sa usarlo anche se non sa che esiste l’articolo 21 della Costituzione».
Lodi capisce che il bambino deve per prima cosa imparare a osservare e interagire con l’ambiente in cui vive, per comprenderlo nella sua realtà, anche usando la fantasia e facendo leva sulle sue capacità creative. Solo così può allargare lo sguardo sul mondo più vasto. Per far questo lui ritiene che lo strumento più importante sia la scrittura. Nei suoi molti anni di insegnamento realizza molti libri di fiabe e racconti scritti insieme ai suoi alunni.
Nel 1989 viene assegnato a Lodi il Premio Internazionale LEGO, conferito a “personalità ed enti che abbiano dato un contributo eccezionale al miglioramento della qualità di vita dei bambini”. Con i proventi del premio fonda in una cascina a Drizzona la Casa delle Arti e del Gioco: un laboratorio dove si sperimentano, con la guida di esperti, vari linguaggi che possono essere utili nell’età evolutiva.
Lodi diffidava dei mezzi di comunicazione, come la TV, che si basano sul travaso di messaggi colorati ad uno spettatore passivo, riteneva che smorzassero le potenzialità creative del bambino. Nell’omelia della messa per il funerale di Lodi, il celebrante ne traccia con alcune pennellate il ritratto: «un grande educatore, un maestro di democrazia, un fedele servitore della scuola e dell’infanzia… tantissimi che in Italia e non solo, hanno attinto alla sua grande lezione umana e civile… Uno che ha cercato la verità nella realtà di questo mondo, l’ha trovata nelle relazioni umane, l’ha scoperta e riportata alla luce quando era sepolta nella mente e nel cuore dei bambini».
Coetaneo di Lodi era un altro maestro che ha lasciato il segno nel panorama pedagogico italiano, don Lorenzo Milani. Erano due tipi molto diversi: Lodi di tradizione laica e socialista che educava alla Costituzione attraverso la parola gentile, Milani di famiglia ebraica, convertito al cattolicesimo, che usava frasi affilate.
Nel 1963 Mario Lodi si recò a Barbiana a conoscere don Milani. Un incontro di soli due giorni, che però fu molto importante e costituì un punto di svolta nella didattica di Lorenzo Milani riguardo alla scrittura collettiva. Anni dopo, ripensando a quell’incontro, Lodi scrisse: “Certi l’hanno dipinto come un uomo orgoglioso che non accetta consigli; io ho provato il contrario. Non so però se la svolta che ha operato nel suo metodo d’insegnamento sia dipesa dai discorsi che abbiamo fatto o se era già maturata in lui l’esigenza di dare un aspetto nuovo, sul piano metodologico, al suo insegnamento. […] Sul piano metodologico aveva operato un cambiamento radicale: dall’autoritarismo di “trasmettitore” di cultura, di principi e di valori, era passato a quello di guida alla scoperta dei valori partendo dalle motivazioni della vita. […] Probabilmente io sono arrivato là quando lui stava meditando e maturando questo cambiamento. In questo caso posso aver agevolato le sue decisioni».