Marilyn Monroe: la donna oltre il mito
Palazzo Madama, a Torino, dedica a Marilyn Monroe una mostra di 150 documenti e foto di Milton Greene, Alfred Eisenstaedt, George Barris, Bert Stern, visitabile fino al 19 settembre. Ne emerge il tema: "Bellezza è fragilità", come nella poetica di Renzo Piano. La xerigrafia di Andy Warhol in bianco e nero replica l’icona come se non ci fosse distinzione tra Marilyn e una bottiglia di Coca Cola, ripetuta all’infinito in "Green Coca-Cola Bottles".
Warhol con la sua tecnica della riproduzione xerigrafica, la ripetizione ossessiva del motivo fotografico, smaschera e denigra lo star system che tratta Marilyn Monroe come prodotto industriale, da mostrare in sequenza, come un manifesto sulla strada o da vendere "in scatola", come un articolo qualunque sugli scaffali di un supermercato, "Campbell’s soup Con 1" o un lucido da scarpe.
Andy Warhol avverte il dramma di Marilyn, la riduzione di una donna bellissima a "oggetto di consumo" prodotto in serie, promosso dalla pubblicità, mito della società contemporanea, ne destruttura la coscienza fino a renderla una raffigurazione astratta, frantumata e divisa per quattro, privata di vita. La poetica di Andy Warhol è: «Tutto ciò che faccio ha a che fare con la morte», quasi l’aforisma di Marlene Dietrich: «Mi hanno ormai fotografata a morte».
Marilyn è abbagliante candore, rara umanità. Sceglie di combattere contro il razzismo a fianco di Ella Fitzgerald. Partecipa alla lezioni dell’Actors Studio. L’aspetto o il criterio, principium individuationis, è la sua capacità donativa infinita. Appena sposata nel 1954 con il campione di baseball Joe Di Maggio si esibisce per le truppe americane di stanza in Corea. I soldati la accolgono con ovazioni senza fine. Visita una dozzina di campi e si esibisce davanti a 60 mila uomini. Chiestole quale fosse stato il momento più felice della luna di miele risponde: «Quando ho cantato per i soldati in Corea».