Maria Voce: Chiara Lubich segno di contraddizione per il mondo
«Quando qualcuno mi ha chiesto come mai Chiara Lubich ha pensato che sempre nel Movimento dovesse essere una donna a capo, io ho detto che non so se lo ha mai pensato. Credo che sia stato un istinto divino che glielo ha fatto immaginare così, che derivava probabilmente da quel carisma mariano che in Chiara era appunto istinto, profezia». Che una donna guidasse l’Opera di Maria, la fondatrice dei Focolari lo ha desiderato tanto fortemente – spiega l’attuale presidente Maria Voce “Emmaus” –, «da osare chiedere a papa Wojtyła se era possibile pensare che sempre una donna potesse essere a capo del Movimento. Il sentirsi rispondere da Giovanni Paolo II: “magari!”, è stato quello che le ha dato il coraggio di scriverlo anche negli Statuti», dove è previsto che la presidente dei Focolari sarà sempre una donna.
Sollecitata dalla giornalista Paola Severini Melograni a parlare dell’importanza del “genio femminile” nella Chiesa, nel corso della conferenza stampa di presentazione delle iniziative previste per il Centenario dalla nascita di Lubich, Maria Voce ha definito una “grazia” «il dono di Dio di succedere a Chiara in questa missione.
Partirei dal titolo della nuova biografia (edita da Città Nuova, ndr): Chiara Lubich, la via dell’unità tra storia e profezia. Chiara – ha spiegato Voce – ha fatto la storia, ha visto profeticamente il futuro. E io che ho avuto la fortuna di vivere in questi 11 anni, quasi 12 ormai, questa carica di presidente posso dire che veramente è qualche cosa di grande, perché mi mette nella condizione di essere io, donna, alla testa di un Movimento formato di tutte le vocazioni, dove ci sono bambini e adulti, al di là di qualsiasi differenza di generazione, di religione, di Chiesa. Al di là di qualsiasi appartenenza confessionale, di etnia e anche al di là della differenza uomo-donna».
Ma, chiarisce Maria Voce, «è un “al di là” che non vuol dire superiore o inferiore, vuol dire complementarietà totale e io sperimento giorno per giorno, con i miei mezzi e i miei limiti, cosa vuol dire guidare un movimento essendo donna, ma avendo vicino un copresidente (Jesús Morán, ndr) il quale mi asseconda nel mio essere donna e che io assecondo nel suo essere uomo, rispettando ciascuno il ruolo e la funzione dell’altro (per approfondire, vedere il dossier di Città Nuova Alleanza uomo-donna)».
Questa comunione tra uomo e donna, aggiunge la presidente dei Focolari, «porta a una visione più ampia, quindi a capire meglio qualsiasi decisione si possa prendere, e a una concretezza maggiore. Questo fa parte di quel genio femminile che il papa ha definito nella lettera apostolica Mulieris Dignitatem e che ancora deve essere scoperto, perciò dico che è profezia».
La donna, chiarisce Maria Voce, «ha un suo ruolo nella Chiesa, nell’umanità, che le è proprio per il fatto che è l’unica capace di essere talmente unita all’uomo da portarlo nel grembo e da sapersene distaccare quando arriva il momento, restando nello stesso tempo sempre madre di questa creatura che era sua. Credo che sia questo principio mariano, che non è di autorità ma di autorevolezza materna, quello che dobbiamo riscoprire, anche con l’aiuto di Chiara, e che darà a questo Centenario la forza di parlare ai giovani, che non vogliono maestri, ma padri e madri sì, quindi penso che questo carisma mariano di Chiara sarà capace di attrarre nuovamente i giovani a seguire Dio».
Maria Voce, il Centenario cade mentre nel mondo ci sono tante divisioni e tanti muri vengono ancora costruiti. Chiara Lubich si riconferma un segno di contraddizione: quale può essere, allora, ancora oggi il suo messaggio?
Credo che sia proprio questo essere segno di contraddizione, perché Chiara non ha mai voluto essere passiva, non ha mai voluto essere accondiscendente, acquiescente, alla moda. Chiara ha sempre voluto rispondere a Dio e siccome Dio chiede oggi come ieri e più di ieri l’apertura all’unità, l’apertura ad accogliere gli altri, a fare del mondo una famiglia, oggi è proprio questo il carisma di Chiara e guai a noi se lo annacquiamo! Guai a noi se cerchiamo di adattarlo a quello che vediamo succedere intorno a noi. Non dobbiamo adattarlo a quello che succede intorno a noi! Dobbiamo guardare il mondo per trasformarlo e lo trasformiamo modificando in noi stessi questa capacità di essere più amore, più accoglienza per gli altri. Io penso che questo non muore.
Il dialogo tra le religioni era fondamentale per Chiara Lubich, ma anche questo è un aspetto poco diffuso, oggi, nonostante la Chiesa stia lavorando tanto. Come andrebbe valorizzato?
Chiara non si è mai fermata al fatto che una persona fosse di un’altra religione. Quando ha incontrato Athenagoras (il patriarca ecumenico di Costantinopoli, ndr), che apparteneva ad un’altra Chiesa, Chiara ha pensato: “Athenagoras mi ha invitato, è un fratello, è un figlio di Dio, vado a trovarlo”. Lo stesso è successo con i monaci buddisti, con i membri della Rissho Kosei-kai (organizzazione buddista giapponese, ndr)… Chiara non si è mai fermata alla differenza tra le religioni e non dobbiamo fermarci neanche noi, perché è chiaro che se mi fermo a pensare che l’altro che incontro è, ad esempio, un musulmano, allora comincio a pensare in cosa si distingue da me? Cosa gli posso insegnare? Che cosa gli posso dire per convincerlo che la mia è la religione migliore?
E invece…
Io devo invece pensare che lui è un mio fratello e io devo conoscerlo, perché non l’ho ancora conosciuto. Devo imparare ad amarlo, devo imparare a capirlo, devo andare fino in fondo nel mio rapporto con lui. Dopo, lui scoprirà di essere un figlio di Dio, da musulmano, e cercherà di vivere da figlio di Dio come musulmano e io potrò aiutarlo in questo, e la sua fede potrà aiutare anche la mia, come cristiana, ad andare avanti. E questo è il messaggio di Chiara: non guardare alle altre religioni come ad un ostacolo, caso mai come ad una ricchezza che mostra la fantasia di Dio, che ha disseminato nel mondo tanti semi del Verbo, come Chiara ci ha sempre insegnato a vedere. Cioè tanti germi di verità, che stanno fiorendo anche in questo rapporto reciproco tra le religioni e che possono portare a scoprire, insieme, una verità più grande.
Cosa porti nel cuore dopo l’ultimo incontro con il papa?
Ho avuto due incontri, di recente, col papa, perché sono andata da lui la prima volta con l’Istituto universitario Sophia e la seconda volta con il Dicastero dei laici famiglia e vita. E tutte e due le volte ho sentito un grande amore personale del papa. L’amore con cui è venuto a salutarmi, ad accogliermi, a riconoscermi, prima ancora che io mi presentassi, mi ha detto il suo amore personale. Ed è quest’amore che davvero, in un certo senso, me lo fa sentire fratello. Questo mi porto via da quegli incontri. Mi sono anche accorta che lui non lascia mai una cosa a metà: quando affida qualcosa a qualcuno, quando poi lo rivede gli chiede come va quella cosa. E mi sono accorta da alcuni particolari come lui davvero ami fino in fondo. Ama anche me fino in fondo e io lo amo fino in fondo.