Maria in prospettiva ecumenica

Perchè il profilo mariano è un fattore di unità tra i credenti. Un percorso dal Concilio di Efeso, passando per Lutero e Hans Urs von Balthasar

Su Maria, la Madre di Gesù, ci sono oggi importanti convergenze ecumeniche, tanto che, alla fine del recente Convegno di vescovi di varie Chiese amici del Movimento dei Focolari (14-18 novembre a Katowice in Polonia), i partecipanti hanno constatato: «Pensavamo che Maria ci divide; invece lei ci unisce!»[1].

C’è, infatti, un caposaldo della fede che accomuna i cristiani al di là delle divisioni: il terzo Concilio ecumenico, svoltosi a Efeso nel 431 d.C., ha chiarito che Maria è madre di Gesù non solo in quanto uomo ma anche come Dio; è Theotokos. Affermazione sconvolgente: Dio si fa contenere, anzi generare da una sua creatura!

Non a caso ci sono voluti quattro secoli perché il Popolo credente giungesse a questa comprensione. L’Apostolo Paolo, ad esempio, è assai sobrio. Non parla mai di “Maria”; vi fa appena un semplice cenno quando scrive ai Galati: «Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (4, 4). Troppo abbagliante era la scoperta che Cristo era venuto per riscattarci da ogni servitù e farci niente meno che “figli di Dio”. Davanti a un fatto di tale portata non si imponevano riflessioni sulla madre terrena di Gesù, se non per sottolineare che egli era vero uomo.

Non meraviglia che quindici secoli dopo un appassionato studioso di Paolo qual era il giovane Lutero, abbia voluto rimettere in luce questa centralità di Cristo che non ammette altre istanze intermedie. Davanti a Dio, che solo va posto al centro, Maria riconosce la sua nullità, cosicché Lutero scrive nel suo Commento al Magnificat: «O tu, Beata Vergine e Madre di Dio, quanto sei stata del tutto nulla e disprezzata come infima, eppure Dio ti ha guardata con tanta grazia e larghezza e ha compiuto in te una grande opera. […]  Oltre ogni tuo merito […] in te c’è la ricca e sovrabbondante grazia di Dio».

A ben guardare, anche nel resto del Nuovo Testamento Maria non primeggia, tanto che il Corano può vantare più ricorrenze che parlano di lei. Se il racconto evangelico per lunghi tratti tace su di lei, la madre di Gesù risulta però presente nei momenti cruciali: al concepimento e nella nascita di Gesù e nell’ora della sua morte; secondo Giovanni anche all’inizio della vita pubblica di Gesù (l’episodio di Cana) e, secondo gli Atti, nel Cenacolo della Pentecoste.

Si tratta di momenti in cui il suo esserci (“eccomi”) e il suo “sì” della fede (“fiat mihi”) hanno avuto un ruolo decisivo. Ruolo di cui la comunità credente ha via via preso sempre più coscienza, ravvisando in Maria la nuova Eva, madre di tutti i credenti, e il tipo, il modello della Chiesa. Se è vero che l’iniziativa è tutta partita da Dio, senza quel suo sì, la seconda divina Persona, il Verbo, non avrebbe preso carne…

Chi custodisce e ripropone con respiro quanto mai ampio questa meditazione dei primi secoli, sono in particolare le Chiese d’Oriente. Ha affermato, nel già citato Convegno ecumenico, il Metropolita rumeno ortodosso Serafim: «Quando il Figlio di Dio ha preso dimora nel grembo della Vergine, Maria è stata divinizzata per prima fra tutti gli esseri umani. Come Cristo, lei ricapitola in sé tutta l’umanità e tutta la creazione». Ed ha spiegato: «L’individuo è chiuso in sé stesso, è egoista, separato dagli altri. La persona invece è aperta e accoglie in sé tutto ciò che esiste». Noi tutti, come Maria, siamo chiamati a questo.

In campo cattolico, come si sa, c’è stato un notevole sviluppo nel campo della devozione a Maria, in sintonia con la grande tradizione cristiana, ma a volte anche con eccessi. Cosicché bisognava chiarire più volte che i fedeli cattolici venerano Maria, ma l’adorazione è riservata a Dio solo. E, se ci si rivolge nella preghiera a lei e ci si affida filialmente alla sua maternità, va tenuta però sempre viva la coscienza che l’unico mediatore fra l’umanità e Dio è Cristo.

La Chiesa cattolica ha definito anche due dogmi: l’immacolata concezione di Maria (1854) e la sua Assunzione corporea in Cielo (1950). Definizioni dogmatiche che le altre Chiese cristiane hanno guardato con disagio, sia perché decisioni non condivise a livello ecumenico sia perché non ne risultava chiaro il fondamento biblico. Riguardo a questo, è avvenuto un importante passo nel dialogo Anglicano Romano Cattolico (ARCIC) che nel 2004 ha pubblicato il documento Maria: grazia e speranza in Cristo. Il testo evidenzia come in Paolo, e più precisamente nella Lettera ai Romani, si riscontri una “traiettoria di grazia e di speranza”, di azione gratuita di Dio e di compimento da lui operato, nella quale si può intravvedere un certo fondamento biblico dei due dogmi mariani: «quelli poi che [Dio] ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati» (Rm 8, 30). Ciò che la Chiesa cattolica afferma in maniera eminente di Maria, è il piano di Dio nei confronti di tutti i credenti. Si è aperta così la via per una più profonda intesa ecumenica.

Negli ultimi decenni, è emersa una prospettiva ulteriore. A proporla è stato il teologo Hans Urs von Balthasar che parla dell’esistenza di un profilo mariano oltre che petrino della Chiesa, che sottolinea la risposta “soggettiva” di vita e di santità a quanto ci è donato “oggettivamente” in Cristo attraverso il ministero e i sacramenti.

A cominciare da Giovanni Paolo II, gli ultimi Papi hanno voluto far loro questa prospettiva. Ma in tale esemplarità di Maria, che impersona un aspetto fondamentale di tutto il Popolo di Dio, si riconoscono in modo crescente anche le altre Chiese. Tanto più interessante è il fatto che papa Wojtyla già nel 1988 ha affermato: «Questo profilo mariano è altrettanto – se non lo è di più – fondamentale e caratterizzante per la Chiesa, quanto il profilo apostolico e petrino, al quale è profondamente unito» (Mulieris dignitatem, n. 27, nota 55).

 

[1] Cf. il numero 4/2017 della rivista di vita ecclesiale “gen’s”, Maria in chiave ecumenica, che raccoglie gli interventi di quel Convegno.

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