Maria Montessori

Per molti italiani era nient’altro che quella signora sulle vecchie mille lire. Il suo ritratto, quel sorriso rassicurante, il portamento austero, erano noti soprattutto perché comparivano su una banconota stampata dalla Zecca dello Stato, una di quelle che un tempo valevano un gelato e che tutti potevano permettersi di portare nel portafoglio. Ma cosa avesse fatto di grande quella nobildonna, ben pochi lo sapevano. Un’idea se l’erano fatti quanti, negli anni, avevano mandato i loro figli in una delle scuole gestite seguendo il suo metodo educativo. Ma alla fin fine, Maria Montessori, ignorata dai libri di storia della scuola dell’obbligo, dimenticata dal Pantheon delle glorie nazionali, era uno di quei nomi che per i più identificavano una piazza, un vicolo, un viale, ma che ben difficilmente evocavano un modo d’essere, una radicale scelta di vita, il profilo di un’eroina di cui avere stima e rispetto. Da un mese a questa parte ci sono almeno otto milioni di italiani che della Montessori sanno tutto, che da lei hanno appreso qualche buon consiglio per educare i figli, per farli crescere autonomi e felici, che riconoscono in quella nonna della banconota che fu, un personaggio che dà lustro anche al Paese di oggi. È merito della miniserie tv in due puntate, Maria Montessori. Una vita per i bambini, andata in onda su Canale 5 che ancora una volta (come già per Nassirya e Don Di Liegro) si è assunta il compito di sostituirsi alla Rai, nella funzione di servizio pubblico. La fiction è l’esempio più lampante di una tv che, quando vuole, sa unire intrattenimento e cultura, emozioni e sapere, alta qualità e grandi ascolti. Prodotta da Taodue, diretta da Gianluca Maria Tavarelli, il film ha rivelato le doti di Paola Cortellesi, per la prima volta misuratasi con un grande ruolo drammatico. La conoscevamo come brillante comico, pungente imitatrice, splendida cantante, ma quella che ha dato il suo volto alla Montessori è un’attrice matura, decisa, capace di calarsi con maestria nei panni del suo personaggio. Anche grazie alla prova della Cortellesi, il film avvince, la vena melodrammatica si unisce ad una proficua intenzione pedagogica, e raccontando una tormentata e dolorosa storia d’amore, si fa strada un messaggio che era dirompente nell’Italia in camicia nera, ma che è ancora valido oggi al tempo della tv-baby sitter e della playstation: per costruire una società nuova bisogna partire dai bambini, mettendoli nella condizione di sperimentare e scoprire il mondo. Nel film va in scena soprattutto la sua vita privata, la lotta contro le convenzioni del tempo, il suo essere donna in un mondo maschilista, prima a diventare medico dopo l’Unità d’Italia. Ma accanto a questo il film non perde occasione di ricordare i capisaldi del suo metodo, quello usato ancor oggi in 22 mila scuole di 110 Paesi.

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