Maria Egiziaca, patrona delle prostitute pentite
Il primo aprile (oppure il 2 aprile, dipende un po’ dai calendari) la Chiesa cattolica, quella ortodossa e quella copta celebrano la memoria di santa Maria Egiziaca, patrona delle prostitute pentite. La leggenda aurea di Jacopo da Varazze (o Iacopo da Varagine), rifacendosi all’antico racconto del vescovo di Gerusalemme Sofronio, ci regala un paio di pagine incantevoli sul racconto della vita di questa santa, pagine d’una ingenuità e d’una forza accecanti: si potrà obiettare che il loro valore storico sia discutibile, che l’inventiva popolare giochi un gran ruolo nella narrazione, ma il suo sapore spirituale è così coinvolgente che questo racconto ebbe una larghissima diffusione all’epoca, e può continuare ad averla anche ai nostri giorni. Di storico, come intendiamo noi ora, è riportata solo l’esistenza della tomba d’una santa eremita palestinese, che pare si chiamasse Maria. Ma quando l’inventiva popolare genera un racconto ci troviamo pur sempre davanti a un pezzo di storia…
Siamo in Egitto, nel V secolo. Maria nacque in un piccolo villaggio, ma già a dodici anni lo lasciò, lasciò i genitori, attratta dalla grande città, Alessandria. Dapprima Maria si guadagnò da vivere con elemosine e con la tessitura del lino. Ma presto abbandonò queste occupazioni per dedicarsi alla prostituzione. Per diciassette anni visse come pubblica meretrice, mestiere che nell’impero Romano era generalmente praticato nelle ore notturne in edifici fuori dalle città, ed era regolato con diverse leggi dal diritto romano. Maria ammise che non faceva la prostituta perché spinta dalla necessità – come tante altre donne sfortunate –, ma dalla pura passione: «Mai mi sono negata a un uomo», disse.
Un giorno Maria vide un gruppo di persone recarsi al gran porto di Alessandria. S’imbarcavano per Gerusalemme, per la festa dell’Esaltazione della Croce. Non si spiegò neppure lei come, ma sentì un forte impulso a seguirli, a recarsi lì anche lei. Parlò ai marinai. Il costo del viaggio era troppo alto, non poteva permetterselo. Ma con un’occhiata alla ciurma concordò: «Pagherò con il mio corpo». Salì a bordo.
Giunta che fu a Gerusalemme si recò subito alla Basilica della Resurrezione, insieme agli altri pellegrini. Appena avvicinatasi al nartece sentì però una forza misteriosa che la respingeva, che le impediva di oltrepassare la soglia. Gli altri fedeli entravano tranquillamente, lei no. Ci provò per alcuni giorni, con lo stesso infelice risultato. Infine cominciò a capire. Gesù non s’accontentava che lei andasse a baciare una reliquia. Voleva incontrarla, parlare a lei, alla sua anima. Fu un colpo, per Maria. S’accorse che non solo Gesù voleva conoscerla, ma voleva che conoscesse sé stessa… In effetti, non ci aveva mai pensato.
Ma io chi sono? Perché faccio questa vita? Cominciò a chiedersi. Domande che cominciarono a tamburellarle nella sua mente. Cominciò a piangere. Le lacrime le bagnavano i capelli, non si fermavano. Quel pianto la liberò. Le pareva che il cielo impazzisse di colori, si sentiva di nuovo una bambina, nel suo villaggio, quando camminava a piedi scalzi sulla sabbia e gettava sassi nel pozzo. Tutto avveniva dentro di lei. Si mise a sorridere, piangendo… S’incamminò verso la Basilica, e nessuna forza la respingeva più. S’accostò alla Santa Croce, la venerò con tutto l’ardore del cuore. Uscendo sentì chiaramente una voce dentro di sé che le disse: «Maria, attraversa il Giordano e troverai la pace».
Uscì dalla chiesa e con l’elemosina offertale da un fedele comprò tre pani. Si fece indicare la via per il Giordano e s’incamminò. Dopo un lungo cammino arrivò alle sponde, si lavò nelle acque del Giordano e in una Chiesa lì vicino si confessò e ricevette l’eucaristia.
Poi si addentrò nella grande voragine di silenzio. Come visse? Che cosa fece? Non sappiamo nulla. In quel deserto ci stette quarantasette anni, nutrendosi solo dei tre pani che aveva con sé. Non incontrò mai un uomo, sebbene a volte la tentazione fosse forte. Ma con pazienza, man mano che trovava dentro di sé la dolcezza della serenità, man mano che si convinceva di quello che era il suo posto nel mondo, tutto sembrò svanire. Si sentiva bene, in pace con sé stessa e con Dio.
Un giorno un anziano monaco nella Palestina, un certo Zosima, si spinse nel deserto per passarvi la Quaresima. E con sua sconcertante sorpresa vide una donna magrissima, anziana, coperta da lunghi capelli grigi, nuda e abbrustolita dal sole. Si spaventò. Ma Maria lo chiamò per nome e gli chiese il mantello per coprire la sua nudità. Spiegò che il sole aveva consumato le sue vesti decine d’anni or sono. Rimasero di fronte, i due anziani. Attorno il silenzio insondabile del deserto e il cielo immenso e muto, che assistevano riverenti, come inginocchiati, al loro incontro.
Maria raccontò la storia della sua vita. Non c’erano dubbi, Gesù stesso, invisibile e reale, era presente fra di loro, come aveva promesso. Sentivano il suo ardore, la sua pace sovraumana, danzare nei loro cuori. Maria lo pregò di ritornare l’anno successivo, per portarle la Comunione, dandogli appuntamento sulle sponde del Giordano. Zosima l’anno successivo, come promesso, si recò al Giordano e vide Maria sull’altra riva del fiume. Maria gli diede poi appuntamento per l’anno successivo, nello stesso luogo. E di nuovo, l’anno successivo, Zosima si recò. Ma trovò il corpo di Maria disteso a terra. Era morta. Zosima volle seppellirla, ma non ne aveva la forza. Era vecchio. La storia narra che fu un leone a scavare con le unghie la tomba di Maria.
Il popolo ci avrà sicuramente ricamato su. Ma le leggende partono sempre da qualche spunto di verità. E spesso aiutano a raggiungere la verità. Perché non credere in loro?