Maria e l’Opera sua
Tra le molte intuizioni di Chiara riguardanti la realtà della fede, sembrano risaltare in modo speciale quelle sulla figura di Maria. Sono intuizioni che, fin dagli albori, tanta parte hanno avuto nel plasmare l’Opera che significativamente porta il nome di Opera di Maria. La prima intuizione risale al 1939, quando a Loreto, proprio nella casa di Maria custodita nel santuario a lei dedicato, Chiara intuisce che una schiera di vergini l’avrebbe seguita. Pochi anni dopo, a Trento, inizia a delinearsi più precisamente il legame tra Maria e il movimento. Per l’infuriare della guerra, in costante pericolo di vita, Chiara avverte la sofferenza di non poter più recitare l’Ave Maria perché, come poi comprenderà, in quella preghiera è prefigurata la futura opera a lei intitolata. Ma è in un periodo illuminativo della storia del movimento, nel 1949, che Chiara penetra, in modo particolare, la realtà di Maria e conseguentemente della sua opera. È allora, infatti, che Maria le si manifesta tutta sostanziata di Parola di Dio, tutta rivestita di essa e perciò incomparabilmente bella. Ciò suscita nel suo cuore una forte attrazione, un nuovissimo amore per lei. Amore per il quale ella si rivela più chiaramente nella sua indicibile grandezza: Madre di Dio, Theotòkos. È una comprensione tutta nuova di questo mistero. Se prima Maria era vista di fronte a Cristo come la luna di fronte al sole, ora appare come un enorme cielo azzurro che contiene il sole: pur contenuta dalla Trinità, ella contiene, in un suo modo particolare, a causa del Figlio, Dio stesso, la Trinità stessa. In quegli anni, la penetrazione della realtà di Maria si dischiude su un’altra dimensione del suo mistero: la sua desolazione ai piedi della croce dove ella partecipa con indicibile intensità all’abbandono del Figlio che si sottrae a lei indicandole il passaggio ad un’altra maternità: Donna, ecco il tuo figlio (Gv 19, 26). Maria, dunque, è chiamata non solo a perdere Gesù, ma ad accogliere un altro al posto suo. Per questa estrema rinuncia diviene madre nostra, acquista la maternità di innumerevoli uomini, si fa modello di quella maternità universale cui Chiara avverte di essere chiamata con tutta l’Opera. Contemplando tanta grandezza e bellezza di Maria, la Madre del bell’Amore, la Figlia per eccellenza del Padre, la Donna d’amore, sempre più si è andata stagliando la sua tipica esemplarità in rapporto al movimento e a tutti i membri che lo compongono: in lei essi riconoscono il modello, il dover essere, mentre ciascuno è di lei il poter essere. È allora che Chiara comprende che il disegno di Dio sul movimento è quello di vivere come Maria. Di più: è rivivere, in certo modo, Maria. Un singolare episodio lo conferma, il cui racconto è diventato una nota meditazione (vedi pp. 96-97): Sono entrata in chiesa un giorno e con il cuore pieno di confidenza gli chiesi: Perché volesti rimanere sulla terra, su tutti i punti della terra, nella dolcissima Eucaristia, e non hai trovato, tu che sei Dio, una forma per portarvi e lasciarvi anche Maria?. La risposta fu limpida: Perché la voglio rivedere in te. In questi anni, in cui il movimento si è ampiamente diffuso fino ad abbracciare i più vari ambiti dell’umanità, ci sembra si sia resa manifesta quella maternità spirituale di cui Maria ha fatto dono a Chiara, dandole di contribuire, in tal modo, all’emergere del suo profilo nella Chiesa. È il disegno che il movimento porta in sé e che Chiara ha voluto sigillare nei suoi statuti dove si legge che l’Opera desidera essere – per quanto è possibile – una presenza sulla Terra e quasi una continuazione di lei. È quel disegno che abbiamo visto comporsi quale risposta alla preghiera sgorgata un giorno dal cuore di Chiara e rivolta a Maria: la preghiera di farsi una famiglia, in terra, di figli e figlie tutti lei.