«Maria ci unisce»
Il modo di vedere Maria, la Madre di Gesù, e di rapportarsi con lei è considerato uno spartiacque tra le Chiese. Se nel mondo cattolico è onorata, con santuari, opere d’arte, feste mariane e le più varie forme di devozione popolare, ed esistono pure dogmi mariani oltre a un’ampia letteratura teologica e spirituale, nelle comunità della Riforma l’attenzione a Maria sembra quasi assente. Per esse, va collocato al centro solo Gesù quale unico Mediatore e pare dubbioso il fondamento biblico dei dogmi mariani.
Eppure il documento anglicano-cattolico “Maria: grazia e speranza in Cristo” ha mostrato che fra le diverse sensibilità è possibile gettare un ponte. La Scrittura, di fatto, non parla esplicitamente né dell’Immacolata né dell’Assunta, ma afferma che Dio ci ha scelti per essere «santi e immacolati al suo cospetto nella carità» (Ef 1, 4), figli suoi che splendono «come astri nel mondo» (cf. Fil 2, 15), ed è pure convinta che essere cristiani significa «sedere nei cieli, in Cristo Gesù» (cf. Ef 2, 6).
C’è quindi un’esemplarità di Maria che riguarda tutti. Come Madre di Gesù e prima sua discepola, lei sta per l’umanità intera, per la Chiesa ed, anzi, per la creazione tutta. È questa la prospettiva che hanno sviluppato, con profondità e ricchezza, in particolare le Chiese dell’Ortodossia.
Negli ultimi decenni, questa esemplarità viene riscoperta e rimessa in luce anche nella Chiesa cattolica. Ne è autorevole testimonianza il Concilio Vaticano II che ha voluto parlare di Maria nel contesto della costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, presentandola come figura e modello del popolo di Dio (cf. nn. 53 e 63). Il teologo Hans Urs von Balthasar ha fatto un passo ulteriore, parlando di diversi “profili” della Chiesa, nei quali si perpetua la costellazione di alcune figure fondamentali attorno a Gesù: Pietro e Giovanni, Giacomo e Paolo, che rappresentano ciascuno un caratteristico aspetto della missione ecclesiale, e Maria appunto[1]. Quest’ultimo profilo, secondo von Balthasar, fonda pure gli altri e in questo senso li precede. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno voluto accogliere questa intuizione e farne un punto fermo anche del loro Magistero[2].
Guardando a Maria alla luce della Scrittura, profilo mariano significa: accoglienza del dono di Dio e adesione nella fede e nell’amore, e quindi vita, risposta, e, di conseguenza, santità, carisma, ma anche generatività.
È su queste caratteristiche, e specialmente su quest’ultimo aspetto, che Chiara Lubich ha puntato lo sguardo, così da fare del “rivivere Maria” un pilastro della sua spiritualità dell’unità. Rivivere Maria vuol dire lasciarsi come lei plasmare interamente da Dio, essere un “fiat” vivente, «vestiti della Parola». E vuol dire in modo speciale: saper generare – con la mutua e continua carità (cf. Gv 13, 34) – la presenza di Gesù tra le persone, saper far sì cioè che il Risorto, presente ovunque e in ogni tempo, possa manifestarsi e prendere forma in noi e fra noi e incidere nella storia. E ciò non soltanto nell’ambito spirituale, ma in tutti i campi e le espressioni della vita umana.
In realtà, su tale esemplarità di Maria, intesa con questa concretezza e ampiezza, convergono le visuali differenti delle varie tradizioni cristiane. Non solo. Incontrandosi in questa prospettiva, esse possono fecondamente comunicare fra loro ed arricchirsi a vicenda. È stata questa l’esperienza del 36° Convegno ecumenico di vescovi amici del Movimento dei Focolari dal 14 al 17 novembre nella Facoltà teologica dell’Università della Slesia a Katowice in Polonia. 34 i partecipanti provenienti da 21 Chiese e 17 Paesi. Tema guida dell’incontro: «Insieme confessiamo, insieme andiamo incontro all’umanità». L’argomento specifico: «Maria, la Madre di Gesù». Rappresentanti di diverse Chiese hanno esposto i vari approcci, senza compromessi e senza sconti, ma anche senza assolutizzazioni ed esclusivismi. In modo inatteso, si è composto un quadro variegato che ha fatto dire ai partecipanti: «Pensavamo che Maria ci divide e invece ci unisce». Colta nei suoi tratti essenziali e nella sua rilevanza esistenziale, lei aveva da dire qualcosa, anzi: da dire cose importanti, a tutti i presenti.
L’inaspettata esperienza di convergenza ha fatto esprimere l’auspicio che i contributi di questo convegno, pur provvisori e suscettibili di ulteriori approfondimenti, venissero resi accessibili a un più largo pubblico ed è ciò che facciamo in questo numero della rivista.
L’intervento del copresidente dei Focolari, Jesús Morán, che ha concluso l’incontro, ha messo a fuoco la metodologia ecumenica praticata dal Movimento dei Focolari. Senza di essa, infatti, e senza la caratteristica visione di Maria dischiusa da Chiara Lubich, non sarebbe stata possibile questa esperienza, nella quale il “dialogo della vita” e la vita fraterna hanno spianato la via a un più pieno e più illuminato dialogo anche a livello dottrinale.
«La Chiesa può ritrovare se stessa soltanto in ciò che la Theotokos, la Madre di Dio, le dice: Maria è quella creatura umana che dentro l’assenza di Dio porta alla luce Dio», ha scritto il vescovo Klaus Hemmerle e con ciò ha espresso una scoperta vitale da cui molto dipende per il futuro del cristianesimo.
[1] Cf. F. Ciardi, Il principio mariano nella Chiesa, in «gen’s» 28 (1998) pp. 75-76. B. Leahy, Il principio mariano della Chiesa, Città Nuova, Roma 1999.
[2] Giovanni Paolo II, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 1987, e Mulieris dignitatem, 27, nota 55; Benedetto XVI, Omelia nel 40° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, 8 dicembre 2005; Omelia alla messa con i nuovi cardinali, 25 marzo 2006.