Margaret Thatcher e gli effetti collaterali di una decisione
Insieme a Ronald Reagan, nel 1979 la Lady di ferro decise di elevare i tassi di interesse delle due principali valute internazionali, punto di riferimento dei prestiti internazionali. La conseguenza fu l'indebitamento del Terzo Mondo e la scalata alle materie prime di questi Paesi che persero welfare e produzione. Un approfondimento nel giorno dei funerali
Non se ne è parlato molto, ma la gestione di Margaret Thatcher non cambiò solo il Regno Unito, ma anche buona parte del mondo, soprattutto quello in via di sviluppo. Ed è bene ricordarlo, non tanto per infierire intellettualmente su chi oggi non può difendersi, ma per segnalare, al di là della persona, l’ideologia che rappresentava.
I tassi di interesse e i petroldollari. Insieme a Ronald Reagan, la Thatcher prese la decisione di elevare i tassi di interesse delle due monete principali del pianeta, stiamo parlando del 1979. Negli anni precedenti, banche e governi spinsero, invitarono, pressarono ed anche obbligarono i Paesi del Terzo Mondo a fare incetta dei miliardi di petroldollari che il sistema finanziario aveva messo in circolazione a bassissimo prezzo. Un esercito di rappresentanti degli istituti finanziari faceva l’anticamera nei ministeri dell'Economia di decine di Paesi dove presentavano la convenienza di accettare tale prestiti, in realtà per assorbire quei fiumi di denaro.
I dati falsi sullo sviluppo. La Banca Mondiale, dal canto suo, sponsorizzava l’uso di questi fondi per megaprogetti come le gigantesche dighe realizzate in Africa e non solo, per poi venti anni dopo rilevarne, attraverso una sua commissione ad hoc, l’inutilità e anche i danni di numerosi di questi progetti pensati a tavolino. Spesso venivano manipolati i dati relativi alle possibilità di sviluppo e quelli relativi alle controindicazioni di certi investimenti, proprio allo scopo di indebitare i governi fino al punto da rendere impossibile il pagamento di quei debiti.
Il debito estero. La decisione unilaterale di innalzare i tassi di interesse, obbedendo alle teorie monetariste di Milton Friedman, allora in voga, ebbe la catastrofica conseguenza di moltiplicare per tre, per quattro e anche per cinque gli interessi del debito estero della gran parte dei Paesi poveri. Era l’inizio della catastrofe che, tre anni dopo, esplodeva con la crisi messicana, proiettando il debito estero al primo posto nella scala dei problemi dei Paesi poveri impossibilitati a restituire le somme riscosse e strangolati da interessi usurai.
La Thatcher e Reagan non fecero marcia indietro. I debiti andavano pagati comunque e questo non riduceva lo stato di necessità e di povertà estrema dei Paesi coinvolti, che si son trovati a scegliere se dar da mangiare ai propri cittadini affamati o pagare i debiti lievitati per una decisione altrui, presa tra l'altro unilateralmente.
Le responsabilità del Fmi. La stagione che seguì ebbe poi il suo corollario nelle ricette di aggiustamento strutturale promosse dal Fondo monetario internazionale, praticamente le stesse che ora si applicano in Europa: austerità fiscale, eliminazione di ammortizzatori sociali e riduzione della spesa sociale indirizzata soprattutto a quelli che vivevano nella miseria assoluta delle baraccopoli o nelle regioni dove imperversavano atroci carestie, in un contesto di recessione e di perdita di posti di lavoro.
Austerità e tagli al sociale. Nel frattempo, la caduta in picchiata dei prezzi delle materie prime logorava le bilance commerciali delle economie dei Paesi sottosviluppati. Il Fmi non intese ragioni, applicando con la stessa determinazione con cui pensa ora di salvare l’Europa le misure definite dall’acronimo coniato su un'affermazione della Lady di Ferro: there is no alternative (non ci sono alternative). Ed era sempre la stessa ricetta, proposta, identica, in Brasile come in Bolivia, in Kenia come in Indonesia. Tutto il modo era omogeneo, non esistevano diversità, sfumature, economie diverse una dall’altra. Non a caso Joseph Stiglitz stigmatizzerà all’inizio di questo secolo la “cattiva economia” del Fmi.
I mercati finanziari. Questo trasferimento di ricchezze dal Sud al Nord del mondo doveva conoscere ancora un altra fase. Il debito estero poteva rappresentare una occasione per fare buoni affari con le privatizzazioni dei servizi pubblici. Nel 1985 lo rivelò candidamente Henry Kissinger: i Paesi indebitati dovevano pagare cedendo le loro aziende pubbliche. Il processo passò dapprima per l’atomizzazione del debito estero, trasformato in titoli quotati nei mercati finanziari, di cui si faceva incetta quando un Paese si trovava di fronte alla necessità di ristrutturare il suo debito. Comprati a prezzi scontati, i titoli furono spesso usati per acquistare aziende pubbliche, ma usandone il valore nominale. Oggi ci si scandalizza se qualche Paese del Terzo Mondo espropria un'azienda privatizzata, spesso acquistata in queste condizioni. La storia dei Paesi in via di sviluppo durante gli anni '90 è costellata di episodi per niente sporadici nei quali si utilizzarono questi metodi per arrivare a controllare gran parte delle ricchezze di questi Paesi.
Ovviamente, ciò non deve suggerire una visione manichea del male e del bene. Concorsero in tal senso le storture presenti nel sistema delle aziende pubbliche e una corruzione dilagante che invadeva buona parte dei governi deboli o delle dittature militari che accettarono questo stato di cose pur di ottenere un trattamento di favore da Washington. Lo stesso Fmi, nel 2001, a pochi mesi dalla catastrofe economica, giudicò l'Argentina un “alunno modello”.
Le denunce del papa. Centinaia di documenti ed anche messaggi papali denunciavano questo andazzo e la grave ingiustizia di un mondo la cui porta venne aperta dalla decisione di Thatcher e Reagan, sostenitori di quella “mano invisibile” del mercato che avrebbe risolto ogni problema. Bastava lasciarlo agire senza legacci.
I titoli tossici. La conseguenza fu lo smantellamento del sistema normativo che impediva ai mercati finanziari di trasformarsi in ciò che sono oggi: un casinò nel quale si scommete con i soldi degli altri, assumendo rischi minimi e traendone lauti benefici. La difesa a oltranza, senza inflessioni, della deregulation dei mercati finanziari sta alla base dei cosidetti titoli derivati che non solo hanno provocato la crisi negli Stati Uniti, ma anche nella zona mediterranea dell’Unione Europea, e che – a detta di Loretta Napoleni – impediscono di sapere a quanto effettivamente ammonta il debito pubblico dei Paesi coinvolti.
Determinazione o ostinazione. La meritocrazia difesa dalla Thatcher, in realtà nascondeva l’idea darwiniana dei deboli che soccombono e dei forti che continueranno la specie, in un mondo (mercato) che ha sempre e comunque una sua logica e che su questi presupposti ha messo insieme marketing e politica. Tommaso d’Aquino raccomanda che la principale virtù del governante sia la prudenza. Essa presuppone di misurare e comparare costi e benefici di ogni decisione, obiettivi ed effetti collaterali. Inoltre ci permette di stabilire una differenza tra la determinazione di uno statista, che pure è una virtù, e l’ostinazione.