Marea nera, la pulizia la fanno i batteri

Dei microrganismi, la cui esistenza era già nota, stanno degradando il petrolio nel Golfo del Messico. Una buona lezione per l'uomo.
inquinamento petrolio

La notizia che nell’area inquinata dalla marea nera nel Golfo del Messico siano stati trovati batteri che metabolizzano gli idrocarburi non è nuova. Nuova è invece la notizia che in questi ambienti si sta sviluppando un batterio particolarmente efficace, e che certamente aiuterà a risolvere più velocemente l’impatto ambientale causato dall’esplosione della piattaforma petrolifera.

 

Questo batterio è stato scoperto già nel 2007 nell’isola di Deokjeok nel Mar Giallo da H. Kim e dai suoi collaboratori. I ricercatori studiandone il genoma hanno concluso che si trattava di una specie nuova e lo hanno chiamato Marinobacterium litorale. Il genere era conosciuto da tempo, e molte delle specie in esso incluse hanno la capacità di vivere in ambienti estremi e di metabolizzare gli idrocarburi.

 

Gli idrocarburi che compongono il petrolio hanno, come avviene per tutte le sostanze organiche naturali, degli organismi che li utilizzano nel loro metabolismo come risorse: batteri, funghi, alghe. In particolare, alcuni batteri che vivono in ambienti difficili per la vita, chiamati anche estremofili, hanno un metabolismo che li rende particolarmente efficaci nel ripulire gli ambienti con scarso ossigeno e inquinati da idrocarburi. L’industria che si dedica alla pulizia di spiagge inquinate da queste sostanze, ma anche di superfici sporche di bitume e di prodotti oleosi (motori di navi, di centrali energetiche, ecc.), da tempo alleva in laboratorio questi batteri e poi ne vende le spore o le colonie debitamente trattate per la conservazione e la commercializzazione.

 

Questa scoperta conferma un dato da tempo conosciuto dagli ecologi: i prodotti organici naturali hanno sempre organismi utilizzatori che li degradano e li riciclano, evitandone così l’accumulo che limita la vita di altre specie. Una lezione che l’uomo dovrebbe imparare e attuare nell’uso e nel riuso delle risorse naturali e nell’evitare di costruire prodotti di sintesi, come molte sostanze plastiche, che non sono “consumate” dagli organismi naturali e, di conseguenza, si accumulano, limitando gli spazi e le risorse per altri organismi.

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