Mare nostrum o mare loro?
Gli attentati terroristici degli ultimi giorni hanno assorbito totalmente la nostra attenzione e, certamente, hanno rafforzato la convinzione della maggioranza degli italiani che le manovre portate a termine dal ministro Minniti nelle scorse settimane in materia di immigrazione vadano nella direzione giusta.
Il blocco dei barconi alla partenza dalla Libia sembrerebbe la soluzione adatta ad arginare un fenomeno che ha moltissimi risvolti, in gran parte sconosciuti fuori dagli uffici del nostro governo.
In ogni caso, l’esigenza di garantire la sicurezza nazionale fa breccia nella sensibilità della maggioranza degli italiani e ci rende generalmente sicuri che quello che il nostro governo sta facendo sia giusto. Le poche voci di dissenso, compresa quella del ministro Delrio e del sottosegretario Giro, sono state messe a tacere nell’arco di poche ore.
La parola legalità – utilizzata insieme a «profonda consapevolezza, grande coraggio e immensa carità» anche dai vertici della Cei per stabilire il confine entro cui si deve muovere l’accoglienza (altro termine multiforme) – non è tuttavia sufficiente.
Legale deve essere l’operato delle organizzazioni non governative, ovvio. Ma legale dovrebbe anche essere, e non lo è, l’intervento delle imbarcazioni dei gruppi xenofobi di estrema destra (come Generazione Identitaria) che ostacolano le operazioni delle ong nel Mediterraneo; legale dovrebbe essere la decisone della Libia (ma di quale dei suoi “governanti”?) di estendere il controllo su acque internazionali per un’area molto vasta, acquisendo sotto quell’area sotto la propria protezione pur non avendone alcuna competenza. E anche questo non è legale.
Legale dovrebbe essere anche il funzionamento di molti centri di accoglienza in Italia, che invece non forniscono ai migranti tutti i servizi, nei tempi e nei modi stabiliti, per i quali sono pagati.
Se vogliamo avviare un sistema legale allora che sia tale in ogni direzione, a livello nazionale e internazionale.
Inoltre lascia molti interrogativi aperti dal punto di vista politico ed economico il modo in cui il governo italiano, pur di far sentire la propria forza, ha stipulato accordi di varia natura con gli attuali rappresentati dei governi africani e nord africani (Libia ed Egitto prima di tutto) senza passare dal voto del Parlamento.
Le voci del dissenso all’interno del governo e le forti critiche giunte dalle principali organizzazioni che si occupano della materia, come Asgi, Amnesty International Italia, Centro Astalli, Arci e altri) non hanno avuto alcun peso.
Eppure la situazione dei profughi, prigionieri dei centri di raccolta in Libia (ossia luoghi di torture, stupri, di compravendita di schiavi) è ben documentata e non solo da chi ci è passato ed è sopravvissuto: la bravissima Carmela Giglio, giornalista di Radio Uno Rai inviata in Libia, ha postato su Twitter dei video girati in quei luoghi. Tuttavia sono rimasti lì, su Twitter, ignorati dai telegiornali Rai che per giorni e giorni hanno parlato di ong e di scafisti senza volgere lo sguardo verso la terra oltre le spiagge nord africane.
Non è impossibile coniugare sicurezza con solidarietà, accoglienza e umanità. Basta volerlo. I corridoi umanitari sarebbero un’ottima strada, già avviata, anche se ancora non in maniera sufficiente. Certamente più lunga, ma comunque più coerente con i principi e le sensibilità su cui si fonda la storia del nostro Paese.