“Marchionne se ne è andato”
«È accaduto, purtroppo, quello che temevamo. Sergio, l’uomo e l’amico, se n’è andato».L’annuncio, da parte di John Elkan, della morte di Sergio Marchionne, sembra in seguito a problemi cardiaci, è arrivato in fretta, come si poteva prevedere dalla scelta del vertice del gruppo Fca di procedere immediatamente alla sua sostituzione nelle cariche societarie. Funzioni di comando che ha gestito fino alla fine con estrema capacità di decisione sugli scenari mondiali mutevoli e incerti.
Ha governato la società simbolo del capitalismo italiano, di proprietà della vasta famiglia Agnelli, rappresentata ora dall’ancora giovane Elkan, con quella dedizione che altri prima di lui hanno saputo fare, come Valletta e Romiti, ma il merito che tutti gli riconoscono è quello di essere intervenuto per salvarla dal baratro della possibile implosione, con scelte che non è ora il momento di analizzare tra tesi e letture inevitabilmente contrapposte.
Restano senz’altro aperte le domande sul futuro industriale italiano e la dinamica planetaria di un mondo dell’auto che, come si dice nel campo, resta “un lavoro da giganti”. Quello che interessa in questo momento è l’attenzione alla persona prima che al ruolo.
Ha sempre colpito, pur nella riservatezza, la provenienza da un contesto sociale “normale”, lontano dai circoli elitari, con storie che affondano non solo nel padre carabiniere, ma nella vicenda della famiglia della madre, attraversata dalle pagine dolorose del confine orientale italiano.
Dai suoi interventi pubblici si percepiva uno spessore culturale che andava oltre i numeri della finanza, materia che sapeva padroneggiare come pochi altri. E così ha gestito un grande potere con un ritmo di vita intenso, non conosceva a quanto dicono tutti tregua, ostentando nell’abito un’immagine lontana dalle vestigia incravattate delle antiche classi dirigenti.
Una complessità che si accompagna alla fragilità della condizione umana, confermata dal comunicato dell’ospedale di Zurigo, che non ha bisogno di retorica e pregiudizi ma di uno sguardo partecipe e attento verso ognuno e che ci interroga nel profondo.
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