Manuale d’amore 3
Tre diverse storie d'amore per un film piacevole e brillante
Giovanni Veronesi torna a parlare dell’amore, nella terza versione (ma promette che ce ne saranno una quarta e una quinta). Questa volta si concentra su tre periodi, la giovinezza, la maturità e l’ “oltre”( un altro modo per dire la vecchiaia, termine da esorcizzare nella nostra società di eterni giovani…). La prima è la vicenda dell’avvocato giovane e rampante, cioè Riccardo Scamarcio, in procinto di convolare a giuste, e un poco dubbiose, nozze colla fascinosa Valeria Solarino.
Mandato in missione in Toscana, perde la testa per una svanita Laura Chiatti, ma tutto sembra far credere che alle nozze si arriverà. Il secondo episodio vede l’anchorman televisivo Carlo Verdone, che si muove a passi felpati col parrucchino berlusconiano (o alla Pippo Baudo) e camminata da vecchio “democristiano”, ma incappa nella mezza pazza di turno, Laura Chiatti, che seduce il fedelissimo marito, lo ricatta, così che lui finisce a fare il corrispondente rai a Nairobi. Esilarante.
La terza storia è quella di Adrian, anziano professore d’arte americano, ovvero Robert De Niro, che vive a Roma ed è amico del rozzo portinaio Michele Placido, la cui figlia, Monica Bellucci in ottima forma(fisica), gli fa vivere una vera storia d’amore da cui sboccerà il bambino Giovannino. Così Cupido, giovane moderno autista di taxi, dopo aver lanciato le sue frecce, potrà svolazzare e ballare contento. L’amore, insomma, c’è sempre, ad ogni età.
Il cast, come s’è visto, è notevole. Le storie sanno,in parte, di già visto. Nella prima, Scamarcio non è al massimo(neanche gli altri), nella terza De Niro è gran professionista e la Bellucci pare impari a recitare. La migliore è la storia di mezzo. Verdone giganteggia in un personaggio che accumula in sè le infinite manie degli italiani di mezza età, ma anche le ipocrisie e le insincerità di tanta gente. Ce n’è per tutti. Mezzobusti televisivi , psichiatri, gruppi di preghiera, eccetera. Ma con la satira di Carlo, che non offende nessuno.
Veronesi non ha fatto un capolavoro, ma un film piacevole, brillante, che sta in superficie senza troppe mancanze di gusto.