Mantova, istituita la rete del lavoro agricolo di qualità

Una misura positiva di contrasto al fenomeno diffuso del caporalato. La necessità di un’etica del lavoro come obiettivo comune di imprese, lavoratori, istituzioni e società civile responsabile secondo la logica del paradosso di Easterlin
Lavoro agricolo foto Pixabay

Recenti fatti di cronaca nell’estate 2024 hanno riportato l’attenzione attorno ad un tema di grande rilievo per il mondo del lavoro, e cioè sulla qualità dell’offerta lavorativa ed in particolare su un fenomeno del caporalato.

La condizione di sfruttamento dei lavoratori è dovuta a retribuzioni al di sotto delle tariffe medie o dei livelli minimi stabiliti dai contratti collettivi nazionali, orari di lavoro dilatati, pause e riposi ridotti al minimo e, molto spesso, l’assenza di adeguate misure di sicurezza. Nei settori di cura alla persona, edile e agricolo si riscontrano i maggiori tassi di irregolarità, a causa della presenza di lavoro nero, ma anche del ricorso a diverse forme di lavoro “grigio”.

Sulla base dei dati ISTAT emerge come l’indicatore di irregolarità complessivo in Italia sia pari all’11,3% e sale al 23,2% in ambito agricolo e addirittura 51,8% per il lavoro domestico.

Spesso, quando i fenomeni sono complessi, si rischia di cadere nella semplificazione che porta all’identificazione di un capro espiatorio da stigmatizzare mentre occorre avere uno sguardo più ampio e attento.

Infatti, molte volte si rischia, sbagliando, di ridurre il fenomeno ad una prassi localizzata in alcune aree geografiche e settori lavorativi.

Recenti analisi mostrano come Mantova sia una provincia molto esposta al caporalato per una serie di ragioni, in particolare: grande produzione agricola di prodotti di eccellenza, specifica dimensione e conformazione geografica della provincia, necessità di molta mano d’opera in periodi specifici dell’anno e scarsità di offerta di manovalanza sul mercato.

In questi anni diverse le azioni sono state introdotte nel territorio per contrastare lo sfruttamento dei lavoratori: tavoli delle organizzazioni agricole con le istituzioni, gruppi di lavoro con gli organi deputati al controllo sulla sicurezza del lavoro, produzione di materiale informativo, realizzazione di protocolli d’intesa al fine di sensibilizzare imprenditori e mondo sindacale.

Da ultimo, Mantova ha recentemente varato la Rete del lavoro agricolo di qualità. Tale rete, istituita dall’INPS, rappresenta una sorta di elenco di imprese (la lista è pubblica e consultabile sul sito dell’INPS) che si distinguono per il rispetto delle norme in materia di lavoro, legislazione sociale, imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

Nonostante le molte misure varate, i controlli effettuati dagli organi preposti fanno emergere, tuttavia, che ancora c’è ancora molto da fare. Ma occorre anche sottolineare che non tutte le aziende sfruttano i lavoratori, anzi, sono molte quelle che agiscono correttamente con grande impegno. Proprio per questo motivo non bisogna smettere di raccontarlo e, anche quando il caporalato si veste di legalità, denunciarlo è l’aiuto migliore che si possa dare all’agricoltura.

Del resto le proteste degli agricoltori ed i trattori che hanno attraversato le strade di mezza Europa hanno raccontato la fatica di un settore allo stremo, schiacciato da alti costi ed una scarsa remunerazione.

Davanti a tutto questo non possiamo sentirci estranei, anzi, occorre una presa di consapevolezza ed un cambio di mentalità in ciascuno di noi. Prima ancora che un tema economico, infatti, siamo di fronte ad un problema antropologico. “Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gen 4, 9) risponde Caino.

Occorre ribadire che è proprio così: siamo gli uni custodi degli altri.

L’ambito lavorativo ed imprenditoriale amplifica questa dimensione perché ci chiede di essere custodi del lavoro da intendersi come dimensione umanizzante per l’uomo e non come semplice attività volta alla percezione di un reddito. Come dimostra il paradosso di Easterlin, (dal nome di Richard Easterlin, professore di economia all’Università della California, ndr) non vi è felicità nella ricerca della ricchezza fine a sé stessa se non bilanciata da un altrettanto impegno nel costruire e preservare beni relazionali.

Non è l’accumulo ad accrescere la felicità ma il dono e la custodia dell’altro.

L’economia del caporalato elimina la persona sostituendo ai volti umani di fratelli e sorelle, la sagoma impersonale dell’individuo chiedendo ai braccianti di diventare robot e automi.

Dalla filosofia greca di Protagora che recitava “uomo misura di tutte le cose” fino al futurismo con l’esaltazione della potenza dell’uomo, abbiamo sviluppato la consapevolezza di essere creatori. Non possiamo dimenticare però che prima di tutto siamo creature, a maggior ragione per chi opera nel comparto agricolo.

Dovremmo riscoprire una creatività materna, cioè una generatività che si fa cura e dono perché parte dal riconoscimento di essere pellegrini del creato. Protagonisti certo, ma in cammino insieme: lavoratori, imprenditori, consumatori, istituzioni.

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