Manlio Sgalambro: il misantropo anomalo

Ci ha lasciato, a ottantanove anni, uno dei massimi intellettuali italiani, diventato star suo malgrado grazie alla collaborazione con Franco Battiato
Manlio Sgalambro

«…Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali, 
lo spazio e la luce per non farti invecchiare. Ti salverò da ogni malinconia,
 perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te». Così si chiudeva La Cura, una delle più belle canzoni d’amore italiane di questi ultimi vent’anni. Di fatto segnò l’inizio della collaborazione del filosofo e poeta di Lentini col conterraneo Franco Battiato.

Il mondo del pop ignorava chi fosse, ma Sgalambro era già da tempo uno degli intellettuali più in vista della cultura italiana. Influenzato da Nietzsche e da Cioran, la sua filosofia era d’orientamento nichilista: «Il nascere e il morire sono i due momenti unicamente reali – scrisse ne Il cavaliere dell’intelletto, opera teatrale andata in scena in quello stesso 1994 –. Il resto è sogno, interrotto da qualche insignificante sprazzo di veglie».  Epperò una visione tanto tragica dell’esistenza non gli impedì mai di cogliere i fremiti e tutta la poesia compressa sotto le pieghe, le piaghe, e la prosaicità del quotidiano.

Giornalista fin dagli anni ’40, laureato in Giurisprudenza, Manlio Sgalambro condusse per molti decenni una vita dimessa arrotondando i magri introiti dell’agrumeto paterno con lezioni private e supplenze scolastiche. Finché, nel 1982, arrivò il primo contratto con l’editrice Adelphi per La morte del sole cui seguiranno molte altre opere, l’ultima delle quali, Variazioni e capricci morali, venne pubblicata lo scorso anno da Bompiani.

La collaborazione con Battiato segnò comunque in modo evidente l’ultima fase della sua vita. L’ombroso intellettuale catanese uscì sempre più spesso dal guscio e continuò a scrivere testi di canzoni anche per altri artisti, da Patty Pravo alla Mannoia, dalla Consoli a Celentano. Non pago, nel 2001 arrivò addirittura a cimentarsi come cantante togliendosi il gusto di pubblicare addirittura un album tutto suo, Fun club, per la multinazionale Sony Music: tredici tracce dove il nostro spaziava dall’immortale La vie en rose di Edith Piaf a Me gustas tù di Manu Chao… Giusto per ribadire un approccio alla vita privo di steccati tra cultura alta e bassa: «Dobbiamo sgravare la gente dal peso del vivere invece che dare pane e brioches – spiegò in un’intervista al quotidiano La Stampa –. Questa volta, mi sono sgravato anch'io. E poi, la musica leggera ha questo di bello, che in tre minuti si può dire quanto in un libro di 400 pagine o in un'opera completa a teatro».

Sgalambro ci lascia una trentina di libri e oltre settanta testi di canzoni, qualche pièce teatrale e tre sceneggiature cinematografiche, nonché, sempre con l’amico Battiato, perfino la partecipazione al programma televisivo Bitte, keine réclame, messo in onda da Rai Doc nel 2004: «Per favore, niente pubblicità», un epitaffio perfetto per un intellettuale che odiava il mondo, le sue regole, e gran parte delle sue istituzioni. Un artista capace di sarcasmi feroci, pessimismi iperbolici, e di una vis polemica sempre in eruzione, in precario equilibrio tra gusto del paradosso e amore per la coerenza. Un indifferente curioso, se mi si passa l’ossimoro: della morte fors’anche più che della vita.

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