Manifestare: ma come?

L’opinione di un sacerdote sulla visione della vita sociale che sta dietro al Ddl Cirinnà. La ricerca del bene comune e il significato di dialogo
Una famiglia in piazza San Pietro

Il raduno del 30 gennaio divide e non sempre unisce. La questione credo vada rilevata non sull’opportunità o meno, ma sul come ci si pone dinanzi alla situazione e qual è lo spirito del Family Day.

 

Bisogna avere il coraggio di osare, ma dall’altra parte bisogna evitare le prese di posizioni contro. Concretamente per costruire è fondamentale sempre aprirsi al dialogo con chi la pensa diversamente, purché in buona fede. Il confronto è sempre positivo. Ma perché il dialogo sia fecondo è necessario intraprendere la via stretta del vangelo, che è via seria di discernimento, e non vie facili per scaricare responsabilità. La Chiesa e i singoli credenti non possono assumere l’atteggiamento cattedratico, bisogna tenere conto della realtà dei fatti.

 

Bisogna dare una risposta chiara quando emergono minacce all’interno del dibattito pubblico: è questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune. I credenti sono cittadini. La Chiesa e i singoli credenti sono chiamati a leggere alla luce del Vangelo i segni dei tempi, per poi trovare, insieme a tutti i cristiani e agli uomini di buona volontà, le vie giuste che realizzano il bene comune.

 

Pertanto per ben discernere bisogna guardare i fatti. Il Ddl Cirinnà cerca di risolvere i problemi di un numero molto ridotto di italiani, che entro la loro unione dello stesso sesso vorrebbero godere dei diritti che la Costituzione riconosce alla famiglia e chiedono sia loro riconosciuto di poter avere anche dei figli, con inseminazione artificiale o “utero in affitto”, poiché non sono in grado di generarli naturalmente.

 

Prima di tutto va precisato che già tanti diritti sono nella legge. Inoltre bisogna notare, senza polemica, il fatto che, per accontentare questa richiesta, si impegna a lungo la macchina legislativa dello Stato, facendo ritardare la soluzione di problemi che riguardano tantissimi italiani. Ci sono situazioni più urgenti: il lavoro, la sanità, l’ambiente, la sicurezza…

 

Tornando alla questione va detto che si parla molto di rivendicazione di diritti e poco di assunzione di doveri verso la società. Non si tiene in conto, in modo adeguato, del bene dei bambini, né della triste realtà dell’utero in affitto che avvilisce la dignità della donna sfruttando le più deboli e le più povere.

 

In questa legge, a mio avviso, si guardano le cose troppo dal punto di vista del desiderio dei singoli. Questo mi fa pensare che il Ddl Cirinnà nasca da una visione della vita sociale che non può essere condivisa, proprio alla luce del Vangelo. Nel pieno rispetto di tutte le persone, va riconosciuto che la diversità sessuale è un dono di Dio e una ricchezza. La differenza complementare di padre e madre, secondo la maggioranza degli psicologi, aiuta i figli a crescere ricevendo stimoli preziosi e attenzioni più grandi. Il legame tra madre gestante e figlio è tanto profondo che non può ridursi a semplice strumentalizzazione per solo desiderio, basta ricordare la teoria sull’attaccamento materno di Bowlby, Mary Ainsworth. Con queste cose non si scherza, se non si vuol creare in futuro sofferenza innocente! La famiglia che genera figli, li alleva e costruisce un ambiente sociale sereno e attento ai malati e agli anziani, merita di essere tutelata, distinta e privilegiata su ogni altra unione.

 

Detto ciò, come risolvere i desideri di mutuo soccorso e di rispetto della vita e delle inclinazioni sessuali delle persone, nell’attenzione primaria ai più deboli e in una logica di bene comune? Il Ddl Cirinnà mi sembra una legge i cui vizi originari impediscono di rispondere adeguatamente a questa domanda. La si potrà migliorare? Non spetta a me dirlo pur se ho notevoli dubbi. Inoltre bisogna chiedersi: questa proposta la si potrà sostituire con una legge sulle unioni civili che cerchi di fare qualcosa di buono e saggio, nella tutela anche delle persone con diversi orientamenti sessuali? Penso di sì, ricordando che nella vita sociale ci sono diritti e doveri e che si riceve anche in base al bene che si produce.

 

Una famiglia che genera figli, li alleva immette nella vita sociale una somma di beni così grande che merita di essere tutelata, distinta e privilegiata su ogni altra unione. Ribadisco che è necessario il discernimento e quindi manifestare “contro” qualcuno è poco evangelico. Confrontarsi è sempre positivo. Allora manifestare per difendere i valori, i piccoli, i deboli chiedendo che si facciano leggi giuste e sagge mi sembra una cosa buona e non solo per i credenti, ma per tutti gli uomini di buona volontà.

 

Se c’è qualcuno verso il quale sono sicuramente “contro”, sono quelli che da una parte e dall’altra pensano di strumentalizzare un tema così serio per guadagnare visibilità pubblica e consenso politico a buon mercato.

 

Proprio papa Francesco sempre nel discorso di Firenze afferma che: «Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l’incontro si trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo ma accettarlo. “Accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo” (Evangelii Gaudium, 227)». Ricordiamoci, afferma ancora papa Francesco «che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. E senza paura di compiere l’esodo necessario ad ogni autentico dialogo»

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