Manfredonia (Acli): dare voce alla dignità del Paese,con realismo e speranza

Intervista a tutto campo al presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, a proposito delle elezioni politiche del 25 settembre.  I limiti del sistema elettorale e l’importanza di vincere la deriva dell’astensione puntando sull’idea di Paese che si vuole costruire a partire dalla lotta alla povertà e da una vera scelta ecologica
Emiliano Manfredonia (Acli)

In questa fase di assestamento delle liste arrivano numerosi appelli di pezzi della società civile o categorie che chiedono di dare priorità ad alcuni temi ricercando una sorta di impegno esplicito dei partiti.

Le Acli hanno, invece, lanciato un manifesto per affermare a quale tipo di “Paese della dignità si vuole dare il voto partendo da ciò che già esiste nella società.

Ne abbiamo palato con Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori.

Come si fa ad esprimere un voto consapevole in un sistema elettorale come il Rosatellum? Riccardi su Avvenire parla di umiliazione dell’elettore. Come reagire per evitare l’astensione?
Questo sistema elettorale, che abbiamo definito assurdo, infatti, obbliga a scegliere con un voto solo sia la parte proporzionale che quella uninominale; costringendo di fatto i partiti ad unirsi in cartelli elettorali in funzione del maggioritario e non sempre per una proposta organica di governo. Se aggiungiamo a questo l’offerta elettorale che spesso si identifica con il nome del capo politico, possiamo capire la difficoltà di chi si trova davanti alla scelta elettorale.

Tuttavia, per evitare l’astensione, noi abbiamo scelto la strada di provare a dire in poche righe qual è la visione di Paese non solo che vogliamo, ma che già vediamo in essere nel lavoro, negli sforzi e nei desideri di tante persone, famiglie, associazioni, imprese e anche spesso istituzioni. Vogliamo scommettere sul fatto che gli elettori sappiano leggere con coscienza i programmi e distinguere cosa possa dare vita a quello che noi abbiamo chiamato “Paese della dignità”. Dobbiamo anche saper fare i conti con quello che attualmente “offre il mercato” e capire, almeno per il momento, quali sono i programmi che quantomeno non ostacolano quest’idea di Paese che vorremmo: del resto nella vita quotidiana, e sempre più in un tempo che vive una crescita e un sommarsi di tante crisi inedite e drammatiche, bisogna spesso valutare opzioni che non sono esattamente quello che vorremmo.

Ci troviamo davanti ad un’elezione di svolta paragonata giustamente a quella del 1948. Vale solo l’appello a votare contro?
Il solo invito a votare contro non ha senso e rischia perfino di essere controproducente. Certo c’è da parte nostra una forte preoccupazione per la deriva sovranista e antieuropeista che l’Italia rischia di attraversare. La visione sommaria della democrazia di cui è portatore questo centro destra è pericolosa perché rischia di affermare un’idea semplificata della democrazia confondendola con la sola volontà della maggioranza senza il rispetto dei diritti fondamentali di ogni singola persona. Le democrazie costituzionali, a partire da quella Corsa del 1755, che già prevedeva il voto alle donne, possono dirsi autenticamente democratiche, e l’Italia rientra naturalmente in questo novero.

Esiste la possibilità di incidere positivamente sulle scelte politiche?
Il nostro manifesto invita a riprendere il disegno costituzionale non in senso retorico, ma come strategia, come attrezzatura essenziale per affrontare questo tempo straordinariamente drammatico e inedito.

Abbiamo il dovere di parlare di contrasto alla povertà, di lavoro vero, di welfare e sanità per tutti, di investimento nella scuola, di tasse pagate da tutti (e non da meno di metà della popolazione) e in base alle proprie capacità contributive (e non privilegiando la ricchezza con paradisi fiscali), di un Paese che accoglie e aiuta i propri cittadini all’estero, di un Paese dove i partiti sono realmente (e legalmente) democratici e i sistemi elettorali danno dignità al voto, di un paese che scommette sulla pace e sul dialogo, e non sulla fabbricazione di armi per guerre e dittature.

Dobbiamo dare ai cittadini un messaggio insieme di realismo e speranza. Il quadro politico non corrisponde a quanto vorremmo, ma se vogliamo far spazio alla speranza e al fatto che siamo certi che già esiste un Paese migliore, dobbiamo usare il voto trovando il campo che più si avvicina, che non è certamente il centro destra. E poi, oltre alle elezioni, dobbiamo anche avere la capacità, come associazioni e come cittadini, di riappropriarci della politica, quella vera, costruita “centimetro per centimetro” sulle istanze e sui tanti problemi causati da un’emergenza sociale, ambientale e internazionale. Un’emergenza che non è sufficiente affrontare con soluzioni tecniche perché servono scelte politiche, serve rimettere al centro una lotta per la libertà e la giustizia sociale, quella che in fondo, come affermava Moro, era l’ideologia sulla quale è stata costruita la nostra Costituzione.

Quali sono, a vostro parere, i punti imprescindibili da tener presente al momento del voto pur davanti a candidati che non rispondono in pieno alla propria visione politica integrale?
Il punto principale è la lotta alla povertà e al lavoro povero (o che impoverisce), una lotta da condurre su diversi piani e certamente non cancellando ma migliorando il Reddito di cittadinanza con una rete di servizi sociali e del lavoro che oggi è praticamente assente. Bisognerebbe poi individuare un indice del lavoro libero e dignitoso dal quale partire per fare i controlli, bandire contratti pirata e filiere al massimo ribasso, per riconoscere in modo vincolante per tutti solo i contratti nazionali dignitosi che siano i più rappresentativi, e anche individuare un guadagno massimo consentito perché c’è troppa economia e finanza che si arricchisce oltre il lecito, e gran parte del lavoro povero o poco remunerato o privo di welfare e dovuto all’avidità di pochi manager e speculatori.

Poi è urgente un sistema di welfare, inclusa educazione, istruzione e formazione professionale, che torni a fare eguaglianza, che non imponga in media oltre 2000 euro all’anno di costi ad ogni persona.

Serve una visione di pace europea che ci renda capaci di accogliere chi fugge da guerre, dittature e povertà e di rilanciare un co-sviluppo che è la vera arma nonviolenta col quale competere con Cina e Russia che oggi stanno diventando i leader di oltre metà del mondo.

E poi la questione delle questioni: è ora di scelte radicali sulla giustizia ambientale e sul contrasto ai cambiamenti climatici. Il sistema drogato del gas e del petrolio deve essere rapidamente tolto di mezzo se non vogliamo, solo per citare un aspetto, che presto la guerra dell’acqua arrivi anche nelle nostre case.

 Sono scelte difficili e che costano….
Certo molte di queste scelte costano sacrifici e il merito del Governo Draghi è stato spesso quello di dire la verità ai cittadini.

Dopo che si dice la verità, però, bisogna poi avere la forza di indicare dei cambi di rotta anche sociali, ambientali e di forte impegno sulla pace senza aver paura di qualche sacrificio, tanto le scelte dei prossimi anni saranno sempre più tra sacrifici collettivi, che aprono a un cambiamento, e sacrifici di fatto umani. Una terza via o altre scorciatoie non saranno più fattibili, perché il futuro è sempre più adesso, non lo possiamo più scaricare sui nostri figli e nipoti. Chi oggi si presenta a governare sta già facendo sfodero di spot elettorali con promesse poco realizzabili, stiamo assistendo ad una gara di marketing più che ad una competizione elettorale fondata sulla visione della vita e della collettività. Sta a noi saper discernere e capire chi tra gli interlocutori mostra più umanità, che non è fragilità ma consapevolezza che i sacrifici ci saranno perché il nostro modo di produrre e consumare va ripensato completamente.

Questa intervista contribuisce al dibattito verso le elezioni politiche del 25 settembre promosso da Città Nuova. Vedi Focus

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