Manfredi: «Riorganizzare le Università per essere davvero competitivi»
Ministro Manfredi, cosa succederà nelle università a settembre?
Tutte le università si stanno organizzando per fare in modo che da settembre possano riprendere le lezioni in presenza che prevediamo di integrare con la didattica a distanza, soprattutto per venire incontro alle esigenze degli atenei che devono fronteggiare il problema dell’affollamento delle aule. Il criterio sarà quello di alternare le due modalità. Stiamo ragionando anche sulla opportunità di prevedere un allungamento dell’orario per le lezioni e avere un maggior numero di aule disponibili. È il momento di ripensare all’organizzazione delle Università, che sia più funzionale non solo alle intervenute esigenze, ma pronta ad affrontare nuove eventuali emergenze che potrebbero presentarsi in futuro.
Per l’emergenza coronavirus sono state immesse nel mondo del lavoro, in anticipo rispetto al normale percorso, varie figure professionali, soprattutto del mondo sanitario…
Abbiamo liberato immediatamente sul Sistema sanitario nazionale l’energia di circa diecimila medici, fondamentale per far fronte alla carenza che lamentava il nostro Paese. Personale giovane e motivato pronto a scendere in corsia e ad allearsi a colleghi più esperti in una battaglia alla quale nessuno era psicologicamente e materialmente pronto, ma che andava combattuta. L’Università, d’altronde, è la testa che può guidare l’Italia verso il cambiamento. Ed era giusto cogliere questo momento di difficoltà dando l’esempio a tutti gli altri. La mia decisione di rendere la laurea in medicina immediatamente abilitante scaturisce, in ogni caso, da un percorso già avviato che ha consentito la possibilità di trasformare l’esame di laurea, in accordo con l’Ordine professionale, in un esame di Stato per la professione. È mia intenzione ampliare il numero di lauree abilitanti. Per questo presenterò una mia proposta di legge con la speranza che possa diventare realtà anche per altre categorie professionali.
Il Covid 19 ci ha obbligati a ripensare il nostro mondo: come immagina la nuova università?
Il sistema dell’università italiana rappresenta un’eccellenza, ma è troppo poco dimensionato rispetto alle potenzialità che hanno i nostri ricercatori. Siamo ancora troppo piccoli anche numericamente, per poter competere davvero su scala internazionale. Abbiamo pochi docenti, pochi allievi e ricercatori. Ma tanta competenza e voglia di conoscenza che potrebbero alimentare e sostenere in modo virtuoso anche il sistema industriale italiano in evoluzione. Giusto e doveroso valorizzare queste risorse, investire per la crescita del Paese, sostenere più ricerca e di qualità. L’Università del futuro la immagino inclusiva, digitalizzata, più consapevole dell’opportunità che le nuove tecnologie, se utilizzate in modo appropriato, offrono. Immagino una università più rivolta al futuro, in grado di coniugare la sua tradizione di grande comunità fisicamente intesa alle potenzialità di contaminazione derivanti da un uso saggio delle tecnologie. Solo in questo modo potrà entrare davvero nelle case e nella società, diventando il motore di un rilancio del Paese. È la nostra grande scommessa.
L’Italia ha delle punte di eccellenza riconosciute in tutto il mondo, ma i laureati sono pochi. La crisi ha impoverito chi era in difficoltà, creando disagi anche ai benestanti. Come garantire il diritto allo studio per tutti?
Il primo ingente investimento per garantire il diritto allo studio è stato quello di ridurre i costi delle iscrizioni che dovranno sostenere studenti e famiglie messi a dura prova dalla crisi economica prodotta dal virus. Siamo intervenuti sulle tasse universitarie allargando la “no tax area”: fino a 20mila euro di reddito Isee non si pagheranno le tasse. Tra 20mila e 30mila ci saranno sconti molto importanti e poi ci saranno interventi specifici gestiti dalle