Manager controcorrente

Costretto alle dimissioni dopo 31 anni di onorato servizio in una grande multinazionale americana per 5 centesimi di dollaro. È questo l’epilogo della storia di Giuseppe Sbardella di recente pubblicata nel bel libro autobiografico Controcorrente, edito da Città Nuova editrice. Tutto ha inizio il 25 febbraio del 1974, quando l’avvocato Sbardella, 24enne e da due anni laureato, varca le soglie del palazzo di una grande società leader mondiale nel settore dell’informatica, che chiameremo con nome di fantasia Lcn. Il teatro dell’evento è Milano. La sua firma, apposta con calma emozione e solennità, suggella il primo e ultimo contratto di assunzione. Da quel giorno è vita nuova in una multinazionale di grande prestigio e valore (quotata in borsa) con sede negli Stati Uniti e una massiccia penetrazione commerciale nella maggior parte dei Paesi del mondo. La sua storia è contrassegnata da una tensione tra due culture. La prima è quella aziendale e d’impresa, impregnata anche di tanti valori positivi della cultura anglosassone, ma rivolta, essenzialmente, alla ricerca spasmodica e incessante della massimizzazione del profitto. Sintetizzata dallo slogan: Vince chi muore più ricco. La seconda, ispirata ai valori e alla scuola del Vangelo vissuto, riconosce la centralità dell’uomo nel concreto dei processi produttivi e privilegia la persona che lavora alla massimizzazione del profitto. Visione sintetizzata dallo slogan: Vince chi muore con più amici. Quante volte ho visto nel corso della mia carriera – ci racconta Giuseppe -, santi padri di famiglia trasformarsi sul lavoro in squali senz’anima pronti a qualsiasi cosa pur di raggiungere i propri obiettivi personali di carriera . Ciò succede quando un’azienda è in possesso di una cultura che riesce a permeare la persona, contribuendo a modificarne il carattere e i criteri di comportamento. Il libro è ricco di una miriade di gustosi episodi che ripercorrono tutta la sua carriera. Descrivono la vita di una semplice persona, con i suoi successi e le sue sconfitte nella cornice di un mondo che è cambiato vertiginosamente, dall’autunno caldo ed dal pansindacalismo degli ultimi anni Settanta, alla globalizzazione e alle ristrutturazioni degli ultimi anni Novanta. Giuseppe è romano ma termina le sue pratiche quotidiane senza mai fare degli straordinari inutili. I suoi colleghi, invece, sanno rallen- tare ad arte il ritmo lavorativo e non si fanno mai mancare un’ora di straordinario al giorno. Il meccanismo è semplice. Facendo più straordinari, l’azienda ti promuove ad un livello superiore dove non deve pagare le ore in più ma solo uno stipendio fisso indipendente dall’orario di lavoro. È il famoso passaggio dal quinto al sesto livello, dove si timbra il cartellino solo una volta al giorno per attestare la presenza. Perché mai mi chiedevo – scrive Giuseppe – l’azienda dovrebbe promuovermi se perdo tempo?. I suoi colleghi più esperti insistono che quella è la logica aziendale, ma Giuseppe non li segue. Per questo ottiene la promozione solo dopo tre lunghi anni. È il primo di una lunga serie di episodi che gli dimostra che in Lcn viene proclamata la logica dell’efficienza e della produttività, ma che poi la prassi delle carriere è spesso dettata da altri criteri. Nel maggio del 1978 il rientro a Roma. Una promozione importante arriva con il compito di controllo di gestione di filiale. Con la nuova mansione Giuseppe cerca di approfondire il rapporto interpersonale, di rafforzare un clima di fiducia e di individuare le caratteristiche e i punti di forza di ognuno, convinto che la collaborazione è meglio della competizione. Aumenta così la disposizione a condividere le capacità personali e professionali di ognuno, al punto che la produttività generale cresce in maniera rilevante e il suo reparto vince una gara a livello nazionale sugli obiettivi amministrativi e gestionali lanciati dall’azienda. È la circostanza che – commenta Giuseppe – mi convinse che a parità di laboriosità e di capacità professionale, sono la collaborazione, la solidarietà, portate al livello interpersonale di amicizia più elevato ed intimo possibile, il punto di forza che permetteva di raggiungere una maggiore efficienza . Nonostante il sistema funzioni in modo da premiare l’arroganza, l’arruffianamento verso i superiori, la furbizia, la mancanza di sincerità, Giuseppe, a sorpresa, viene nominato capo amministrazione di una filiale. Ora è un manager. Ma come fare quando anni dopo c’è da gestire il licenziamento dei dipendenti? È quello che accade negli anni Novanta, quando deve svolgere il ruolo di tagliateste. È un’esperienza dura, in gioco ci sono le sorti di intere famiglie che, cercando di vivere il Vangelo, si sono risolte. Quello di cui sono fiero – sottolinea – è la consapevolezza che nessuno ha lasciato l’azienda, se non con la corresponsione di un indennizzo che lo abbia pienamente soddisfatto, o la previa acquisizione di un nuovo posto di lavoro. Nel 2005 l’epilogo per colpa di 5 centesimi di dollaro. Gli analisti hanno previsto un dividendo per gli azionisti di 90 centesimi di dollaro per azione. I risultati dell’azienda sono positivi ma inferiori alle attese, ogni azionista riceve un dividendo di soli 85 centesimi di dollari. Il titolo perde valore in borsa e per recuperare prestigio l’azienda annuncia un taglio di tredicimila dipendenti in tutta Europa. Giuseppe è costretto alle dimissioni forzate a soli 55 anni.

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