Mamme no pfas, l’Ue non riduce i livelli di inquinanti
Non è la prima volta che le cosiddette Mamme no Pfas si confrontano con le istituzioni dell’Unione Europea: come già riferito da Città Nuova online, lo scorso giugno erano infatti state a Bruxelles per incontrare alcuni rappresentanti del Parlamento europeo e presentare le loro istanze. In tale sede avevano posto delle richieste precise, tra cui la modifica delle direttive vigenti al fine di portare a zero il livello di tolleranza per le sostanze bioaccumulabili, persistenti e tossiche; e in questo senso appuntamento cruciale era la votazione della sessione di ottobre della plenaria del Parlamento a Strasburgo, a cui le Mamme no Pfas hanno presenziato.
Nonostante le alte aspettative riposte in questa seduta, al loro ritorno hanno diffuso un comunicato in cui si definiscono «non soddisfatte»: spiegano infatti che «non è stata accettata la proposta di porre limiti pari e neppure il più vicino allo zero», e se per i Pfas a catena lunga un limite comunque c’è (per quanto ritenuto appunto troppo alto), «non sono stati fissati limiti per i Pfas a catena corta, quelli tuttora in produzione e più difficili da bloccare con i filtri utilizzati dagli acquedotti».
Sul fronte dei risultati ottenuti c’è invece da registrare l’accoglimento della proposta presentata dal gruppo GUE/NGL, su indicazioni di Laura Facciolo del Comitato Zeropfas Montagnana, che esprime la necessità di aggiornare l’analisi del rischio man mano che vengono scoperte nuove sostanze contaminanti nell’acqua; nonché della richiesta firmata da oltre 2 milioni di cittadini europei con la petizione Right2Water, affinché tutti gli Stati membri garantiscano l’accesso all’acqua come diritto universale – per quanto vengano demandate ai singoli Stati le modalità perché questo sia garantito.
Ad accompagnare il gruppo c’erano alcuni europarlamentari – Eleonora Forenza e Roberto Lopriore del gruppo Gue/Ngl, Eleonora Evi e Marco Zullo del gruppo Efdd, e Damiano Zoffoli del gruppo S&D – nonché la consigliera regionale veneta Cristina Guarda, che ha a sua volta espresso la propria delusione con un comunicato diramato sul suo sito e pagine Facebook. «Qui a Strasburgo c’è una maggioranza lontana che non ascolta – scrive – perché ci siamo ritrovati di fronte ad una proposta peggiorativa: il Partito popolare europeo […] ha proposto un emendamento che cambia negativamente il testo iniziale […] e sceglie quindi di non regolamentare i Pfas a catena corta che sappiamo essere i primi a essere trasferiti al feto tramite la placenta ed i più difficili da depurare dall’acqua, quindi obbligano a spendere di più i gestori per implementare gli impianti di depurazione. Questa purtroppo è un’enorme sconfitta perché tutti gli emendamenti che proponevano limiti, inferiori o pari a zero, sono stati bocciati. […] Ora toccherà al nostro Governo far uscire con forza un’opposizione per dei limiti più restrittivi».
«La strada è ancora lunga – concludono le mamme –, ma continueremo ad informare e stimolare i parlamentari perché abbiamo avuto l’impressione che ci sia ancora tanta disinformazione sulla pericolosità dei Pfas».