Mameli, il ragazzo che sognò l’Italia

Chi fu Goffredo Mameli? Una fiction in due puntate, diretta a quattro mani da Ago Panini e Luca Lucini, ce lo sta per raccontare meglio. In onda lunedì 12 e martedì 13 febbraio su Rai1
Fonte: Ufficio stampa Rai Fiction

In prima serata e prima visione assoluta (prodotta da Pepito Produzioni in collaborazione con Rai Fiction) Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia spalmerà le parole celebri del poeta genovese – perché questo fu Mameli – lungo la strada (complessa e dolorosa) del Risorgimento italiano. Il rapporto tra l’uomo, l’artista e la storia è centrale nel racconto, come lo fu nei fatti.

Non è un caso che il giovane autore di quello che è ancora oggi l’Inno d’Italia, morì in seguito a una ferita di arma da fuoco riportata durante la battaglia del Gianicolo, nel giugno del 1849. Erano stati i giorni della Repubblica Romana, dalla vita breve ma importante per la futura nascita del Regno d’Italia. Quel momento storico era già stato raccontato (bene) nel film In nome del popolo sovrano, di Luigi Magni, del 1990, ma il personaggio di Mameli aveva avuto uno spazio marginale in un’opera corale, con molti personaggi a ricomporre un crocevia di sogno, passione e sofferenza. Tre elementi che tornano in Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia, con il protagonista interpretato dal giovane (e bravo) Riccardo De Rinaldis, avvolto anche dal fervore romantico di quel tempo.

Ci sono l’amore e la battaglia, la politica, il coraggio e il sangue, l’arte e la rivoluzione, in questo viaggio che cita Pellegrino Rossi e papa Pio IX, che offre grande spazio a Nino Bixio e mostra Mazzini, Garibaldi e il popolano Ciceruacchio, tra gli altri, ma non Ugo Bassi: un religioso barnabita che partecipò ai moti del ’48 e poi ai giorni della Repubblica Romana.

Ci sono il contesto familiare del giovane Goffredo Mameli, nella fiction in arrivo, la sua famiglia agiata ma di idee moderne – la mamma soprattutto – certamente importante per il suo percorso. Ci sono un primo amore appassionato e tragico, quello per Geronima Ferretti, e un secondo, non meno travolgente e non meno doloroso (a causa della morte del ragazzo), per Adele Baroffio.

De Rinaldis e Briganti. Fonte: Ufficio stampa Rai Fiction

Ci sono due anni di lotta e sentimenti (’47- ’49) contrasti accompagnati da quel testo popolare per eccellenza, reso tale anche dalle note semplici ed efficaci di Michele Novaro. Inizialmente intitolato Il canto degli italiani, fu cantato con facilità da un numero presto enorme di persone, qui inserite in scenografie e costumi curati, nelle sequenze a volte affollate di questo Mameli che lega più o meno inevitabilmente la ricostruzione storica e il romanzo, gli aspetti documentari e la scorrevolezza popolare, soffermandosi, tuttavia, su dettagli meno noti, su pagine spesso velocemente sfogliate, di quel percorso verso l’Italia non semplice, non liscio, non svincolato, purtroppo, dalla triste violenza.

Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia respira, come tutti i prodotti storici, l’aria del presente e tiene un passo spedito, nel bene e nel male, per sintetizzare e rendere appetibile, accattivante, moderno, un biennio così denso e delicato. Così come lavora per rendere accessibili i personaggi stessi del racconto: «vivi», è stato detto in conferenza stampa, quei nomi e quei volti risorgimentali «impolverati» dal tempo. In questo senso il protagonista stesso è stato immaginato come una sorta di prima «rockstar» italiana e il gruppo intorno a lui come una «Via Pal genovese».

Le fiction, quando legate ai grandi temi storici, il che è di base un bene, sono quantomeno il punto di partenza per un ripasso collettivo, per una riflessione lucida, per un dibattito sano sul passato che con la sua lezione si fa presente. Con questo spirito, di accoglienza fiduciosa e al tempo stesso critica, vanno accolte, assaporate e giudicate. Non fa eccezione questo vitale, dinamico e dolente Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia, che va subito dopo Sanremo, probabilmente per cavalcare quel momento di unità popolare, di sottile, pervadente spirito comunitario, che il Festival, coi suoi limiti e difetti, con le sue pagine lodevoli e quelle meno riuscite, è comunque ancora in grado di produrre. A modo suo.

De Rinaldis nelle vesti del protagonista in mezzo alla folla. Fonte: Ufficio stampa Rai Fiction

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