Maltempo a Nordest, torna la paura di Vaia
I meteorologi mettono sempre in guardia: grandi ondate di calore significano grandi quantità di energia immesse nell’atmosfera, con conseguente rischio di fenomeni “estremi”. Ed è quanto accaduto a più riprese nel corso dell’ultima settimana a Nordest, dove si sono registrati numerosi episodi tra temporali, grandinate e trombe d’aria sia in montagna che in pianura.
Particolarmente violenti sulle Dolomiti sono stati gli episodi di cosiddetto “downburst”, ossia le raffiche di vento discendenti (con punte di 180 km/h) che fanno seguito al grande caldo (in alcune zone si sono superati i 25 gradi anche in quota): in Val Di Fassa, Cadore e Comelico in particolare si è stata rievocata la tempesta Vaia, a fronte degli alberi che cadevano come manciate di stuzzicadenti gettate sui fianchi della montagna. Significativi naturalmente i danni ad automobili, strade ed edifici, di cui molti scoperchiati, con centinaia di interventi da parte dei vigili del fuoco. Disagi anche per l’interruzione di numerose linee di corrente elettrica, amplificati dal fatto di essere nel pieno della stagione turistica; che ha peraltro fatto sì che alcuni interventi siano stati dedicati proprio al soccorso dei turisti rimasti bloccati dal maltempo lontano dai centri abitati, o – come nel caso del lago di Caldonazzo – ai bagnanti. Il maltempo ha comunque interessato anche le zone pedemontane e quindi i campi coltivati, tanto che Coldiretti è ancora al lavoro per la valutazione dei danni dovuti alla grandine; che si prospettano quindi essere ingenti, sommati a quelli delle zone montane. Per quanto dunque non si possa parlare di una nuova Vaia, il bilancio è comunque pesante.
Situazione simile in Friuli Venezia Giulia, dove già la settimana scorsa si erano stimati danni per diversi milioni di euro nelle zone attorno a Latisana: diverse erano state infatti le case scoperchiate (a Torviscosa erano anche state evacuate una quarantina di persone) e le coltivazioni devastate, tanto che il presidente Massimiliano Fedriga aveva firmato lo stato d’emergenza. A questi si sono aggiunti i danni registrati nelle zone montane della Carnia e del pordenonese – analoghi a quelli del Veneto e Trentino, con tanto di incendio causato da un fulmine – e anche nelle zone urbane di Udine e Pordenone, colpite da pesanti grandinate e raffiche di vento tali da far cadere gli alberi. Il vicepresidente regionale con delega alla Protezione civile, Riccardo Riccardi, ha annunciato che «sarà firmato nelle prossime ore [giovedì 20 luglio, ndr] il decreto di impegno di spesa di 500 mila euro per far fronte ai primi interventi necessari per la salvaguardia della pubblica incolumità e per la messa in sicurezza del territorio in conseguenza degli eventi meteorologici avversi che hanno colpito la nostra regione».
Ironia della sorte, verrebbe da dire, tra i danni economicamente più rilevanti ci sono quelli ai pannelli fotovoltaici, sempre più diffusi sui nostri tetti: proprio alcuni tra gli strumenti che dovrebbero servirci, producendo energia pulita, a contrastare l’emergenza climatica.
Nonostante le precipitazioni abbiano portato refrigerio, si è trattato di un refrigerio temporaneo: le temperature – almeno per ora – sono infatti sempre nuovamente salite dopo ogni temporale, preparando quindi la strada al successivo. Naturali quindi i timori che l’emergenza non sia finita.
Così come non è nel resto d’Italia, ma per il caldo torrido senza ombra di una goccia d’acqua; tanto che, nonostante le abbondanti precipitazioni di maggio e giugno, secondo i dati Ispra anche il 2023 si prospetta come un anno nel complesso siccitoso.