Il Mali contro il presidente Ibrahim Boubacar Keïta
Diverse decine di migliaia di manifestanti hanno risposto all’appello dell’M5, movimento avviato dall’imam Mahmoud Dicko che chiede la partenza del presidente rieletto nel 2018. È la seconda manifestazione organizzata dalla coalizione di avversari in due settimane nel Mali.
L’M5, che riunisce la società civile, i partiti politici e religiosi dell’opposizione, ha invitato i maliani a scendere in piazza venerdì. Il movimento esprime l’esasperazione alimentata dalle migliaia di vittime degli attacchi jihadisti e della violenza tra comunità, l’apparente incapacità dello Stato di affrontarlo, ma anche dalla crisi economica e dei servizi pubblici, tra cui le scuole, e dalla percezione di una corruzione diffusa.
Nel tentativo di allentare le tensioni, il presidente Keïta, dal 2013 a capo di questo vasto paese del Sahel, negli ultimi giorni ha teso la mano verso i suoi avversari, aprendo la strada a un governo di “unità nazionale”. Ha anche fatto concessioni agli insegnanti in sciopero, promettendo gli aumenti salariali che hanno richiesto per mesi. Ma per molti manifestanti, ormai è troppo tardi.
Secondo Issa Kaou Djime, il braccio destro dell’imam Dicko, «molti scandali sono scoppiati sotto il regime di Keïta: c’erano oltre 1.300 miliardi di CFA per la programmazione militare, ma il denaro è stato stornato, c’è stato l’affare di fertilizzanti adulterati, e poi il piano presidenziale di cui non sappiamo ancora quale sia il vero importo, mentre le persone che dovevano essere processate non lo sono state. La gente aveva un solo ricorso possibile, le elezioni. Ma anche in questo caso le cose non sono state fatte regolarmente».
L’imam Dicko, dopo l’incontro con il capo dello Stato, ha mantenuto la sua chiamata a manifestare «in massa», ma ha fatto attenzione a non chiedere le dimissioni del presidente da solo. «Non ha imparato la lezione, non ascolta la gente, ma questa volta capirà», ha detto mercoledì davanti alla stampa. In passato, l’imam Dicko si presentava come sostenitore dell’ex presidente Moussa Traoré. Ex alleato del presidente IBK, aveva contribuito alla sua elezione nel 2013. IBK sperava di usarlo come mediatore con i jihadisti presenti nel nord.
Dopo l’Onu e l’Unione africana, anche la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) ha tentato questa mediazione. Le tensioni politiche sorgono mentre il Mali è ancora in guerra con gruppi jihadisti legati ad al Qaeda e al Daesh. Domenica, un attacco a loro attribuito ha fatto almeno 27 morti tra i ranghi dell’esercito maliano.
Tra marzo e aprile, sono state organizzate elezioni legislative, nonostante il coronavirus. Il 30 aprile, la Corte costituzionale ha annullato una trentina di risultati, di cui dieci a beneficio del partito di Keïta, suscitando la rabbia dell’opposizione.