Il malessere non riconosciuto

Il dolore e la sofferenza hanno molte forme. Alcune sono riconosciute, altre hanno bisogno di un lento processo per essere identificate. Cosa ne è di quella sofferenza che lentamente giorno dopo giorno la persona accumula, senza avere strategie adeguate per occuparsene?  

Medici, farmacisti, nutrizionisti da anni segnalano scorrette abitudini dei pazienti di ricorrere troppo velocemente a rimedi farmaceutici, spesso auto prescritti per eliminare i sintomi piuttosto che le cause. Al contempo si ricorre sempre meno a quelle fonti di benessere naturale quali il sole, il movimento, il mare, le pause rilassanti e ri-generanti.

Cosa sta succedendo?

Lo stile di vita sempre più improntato all’efficienza ed all’efficacia, la promessa allettante di migliori garanzie lavorative, la scontentezza per gli standard raggiunti, l’insoddisfazione relazionale, familiare o professionale, così come importanti eventi o cambiamenti di vita possono essere fonti di grande stress. Il corpo invia dei segnali, quando sono forti si impongono la persona riesce più facilmente a trovare forme per prendersene cura. Quando invece, come più frequentemente si verifica, i segnali sono più deboli ma ripetuti nel tempo, se vengono a lungo trascurati possono prendere la forma di disturbi psicosomatici. Avviene dunque che la persona gradualmente si abitua a quel malessere, il suo corpo comincia a manifestare segnali di sofferenza che nel tempo possono degenerare in patologie a carattere psicosomatico, o in disturbi tipo somatizzazione o ipocondria.

Salutogenesi, prevenzione e cura

Il discorso si allarga ulteriormente se teniamo conto di come funziona la salutogenesi. Con questo termine intendiamo da un lato la custodia della salute attraverso l’attenzione a stili di vita salutari al fine di prevenire la malattia, dall’altro la cura o la riduzione del danno.

Imparare a riconoscere i segnali del corpo è molto importante. Si impara sin da piccoli attraverso le cure di maternage che si ricevono e che permettono di dare un nome ed una prassi a ciascuna fonte di dolore, sia fisico che emozionale attraverso l’ascolto, la comprensione, la cura e la riformulazione di quanto sta avvenendo e di cosa si può fare. Si attiva in questo modo un processo di integrazione psicofisica di fondamentale importanza nel prevenire lo sviluppo di tutti i disturbi a carattere psicosomatico.

Come può un adulto imparare ad ascoltare il proprio corpo quando questa funzione non è stata allenata nell’infanzia? Ciascuno può imparare ad entrare in contatto profondo con il proprio corpo ed allenarsi a identificare sintomi, emozioni e pensieri che sono causa del proprio malessere. Ad esempio attraverso Training di educazione psicocorporea, di rilassamento, di Integrazione mente corpo spirito, ma anche attraverso la danza o sport come il pilates, lo yoga che lavorando con la respirazione e la concentrazione, permettono di entrare in contatto con il proprio corpo e tutte le sue componenti.

L’abuso di farmaci è un campanello d’allarme o una via di fuga?

Ogni volta che non trova risposta a cosa succede nel suo corpo la persona cerca una rassicurazione. Essa può essere trovata: in sé stessi allorquando la persona ha interiorizzato una buona conoscenza di sé e gli è chiaro come leggere i segnali di allarme; può ricercarla nell’ascolto empatico del medico o di chi ne ha avuto esperienza e può dare utili indicazioni; oppure, quando le precedenti modalità non sono attuabili può ricercarla nel farmaco e negli accertamenti medici.

Il farmaco può rappresentare tanto una via di fuga quanto un campanello d’allarme. Nel primo caso la persona sta cercando di trovare una via facile per lenire la sua sofferenza, soprattutto nei casi in cui potrebbe contribuire al miglioramento del suo benessere con stili di vita più salutari. Nel secondo caso il farmaco può assumere il significato di un campanello d’allarme, ovvero esprimere la difficoltà che la persona ha di comprendere come gestire il suo malessere. Questa modalità può dipendere dalla persona o trovare una compliance con una diagnosi medica parziale o con un atteggiamento medico improntato alla cura del sintomo piuttosto che ad una visione integrale della persona.

Curare il sintomo o guarire la persona?

Molto attuale è l’esperienza di alcuni pazienti che rappresentano una vera e propria sfida per la medicina tradizionale, i quali molto velocemente possono essere etichettati come pazienti con reazioni psicosomatiche, i cui sintomi hanno un legame con le componenti emozionali della persona, per i quali non sempre è possibile fare una diagnosi, ma di cui si studiano i collegamenti tra varie arie disciplinari. Sono i casi in cui il paziente soffre due volte: una volta per il dolore che sente e per il limite che il disturbo arreca nella propria vita, ed una volta per la sofferenza di non sentirsi capito e frettolosamente etichettato, di non essere considerato nella sua totalità di persona poiché ad essere degno di attenzione è il sintomo e non la persona.

Malesseri del nostro tempo?

È ampio ed attuale il dibattito sul rimettere al centro della medicina il paziente e non il sintomo, sulle aree di collegamento tra le varie discipline e sul bisogno di intervenire in collaborazione tra differenti figure e di integrare i saperi tra le correnti mediche. Anche questo che finora è stato avvertito come dissenso tra i medici di differenti orientamenti produce, insieme agli stili di vita efficientisti e poco salutistici ed alle situazioni eccezionali che la vita chiede di vivere, l’effetto di contribuire a creare aree di malessere.

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