In Malawi si muore di colera e di indifferenza
Da noi in Italia è un lontanissimo ricordo. Talmente distante che quando si affronta l’argomento si viene guardati come si stesse parlando di una tematica di un altro mondo.
Correva l’anno 1973. Mezzo secolo di storia che ci separa da una vicenda che cinquant’anni fa, per due mesi, seminò panico e terrore in una delle nostre città, una delle più belle del mondo. Napoli venne colpita da un’epidemia di colera che provocò 24 decessi. Quella vicenda, che nel Belpaese è datata e ricoperta da una spessa coltre di polvere che ne offusca il ricordo, in Malawi è invece realtà contemporanea. Una realtà terrificante che da oltre un anno sta mietendo morte e distruzione. L’ennesimo tassello di un puzzle che conferma, per la millesima volta, che problematiche che nel mondo occidentale sono state debellate e archiviate negli armadi degli storici, in Africa sono purtroppo pane quotidiano.
Un pane quotidiano, sì, portatore purtroppo di conseguenze nefaste dal punto di vista sanitario e sociale ma anche, e soprattutto, pregno di quel cancro che papa Francesco ha definito «globalizzazione dell’indifferenza». Quasi esclusivamente gli addetti ai lavori sono infatti a conoscenza di questo tema che ammorba le esistenze di migliaia di persone. L’eloquenza dei numeri, come sempre, tramortisce.
Il Malawi, nazione estesa poco più di un terzo dell’Italia ma la cui densità di popolazione è sostanzialmente identica alla nostra, sta vivendo un’epidemia di colera che non è affatto esagerato definire letale e che non ha precedenti nella storia del giovane Stato africano. Oltre un anno fa è stata formalmente annunciata e da allora, come un brutto male in metastasi, ha messo radici in tutti i 28 distretti che compongono il Paese. I dati, fermi comunque a oltre tre mesi fa, affermano che le persone colpite da questa malattia sono state 50mila e i decessi registrati hanno toccato quota 1.500. A livello statistico, come un 11 settembre accaduto a metà.
E ovviamente, quando purtroppo un virus acquista vigore, a pagarne per primi le conseguenze sono i soggetti più fragili e deboli: 12 mila bambini hanno contratto il colera e 200 sono morti. Numeri che pur sbalordendo nella loro bestialità e pur disegnando un quadro dalle tinte a dir poco fosche, nella grande e blasonata comunicazione soprattutto televisiva non esistono. O che, forse, si preferisce far rimanere sottotraccia.
Le cause alla base di questa epidemia, che in alcuni distretti ha raggiunto picchi di diffusione estremamente virulenti, sono molteplici. Il motivo numero uno è comunque facilmente identificabile: l’assenza totale di igiene, soprattutto a livello di infrastrutture idriche, che vige sostanzialmente in tutti i villaggi malawiani. Villaggi che qui sono disseminati pressoché ovunque. La prevenzione consisterebbe nel predisporre servizi igienici adeguati e fornire accesso all’acqua potabile. Cose, queste, che in Malawi purtroppo non esistono.
E se all’epidemia di colera attualmente in essere si vanno ad aggiungere i cambiamenti climatici sempre più estremi che producono conseguenze deleterie a livello di produzione agricola, arriviamo a un punto di non ritorno. Un bambino malawiano su due rischia infatti di morire. Quasi cinque milioni di persone. Una mattanza di innocenti. Una moltitudine quasi sterminata di fanciulli costretta ad avviarsi al patibolo. Nel menefreghismo quasi assoluto dei media. Nella globalizzazione dell’indifferenza. Papa Bergoglio docet.
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L’iniziativa AlimentiAMO la speranza mira a raccogliere 340mila euro per finanziare 8 progetti benefici in Africa in favore di bambini orfani e abbandonati, disabili, donne vittima di violenza ed ex detenuti. Per chi volesse sostenere economicamente l’iniziativa è possibile farlo attraverso il sito www.tucum.net andando sull’iniziativa AlimentiAMO la SPERANZA: Leandro for Africa, dall’app Tucum o tramite bonifico bancario
IBAN: IT14E0306904013100000061098
Causale: Donazione per Alimentiamo la Speranza
Intestazione: Tucum-OdV.
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