Mai uccidere il prossimo né con le armi né con la lingua

Siria ma non solo. Francesco allarga il discorso: «Le chiacchiere sono armi che ogni giorno insidiano la comunità umana, seminando invidia, gelosia e bramosia del potere. Con esse si può arrivare ad uccidere una persona»
Papa Francesco durante l'Angelus di domenica 1 settembre

No all’uso delle armi. È un papa Francesco diverso dal solito quello che parla dalla finestra di san Pietro, in occasione dell’Angelus di domenica scorsa. È turbato, profondamente contrito, per il dramma che si sta consumando nell’«amata nazione siriana» e, in particolare, per i timori suscitati dall’annuncio di un intervento armato da parte di alcuni Paesi occidentali (con Usa, Francia e Regno Unito in prima linea), per sanzionare l’uso di armi chimiche nella strage del 21 agosto scorso da parte del regime di Assad, su cui si attendono ancora le conferme degli ispettori Onu.

«Dobbiamo dimostrare – aveva affermato il segretario generale della Nato Rasmussen – che questo tipo di crimine non può essere tollerato dalla comunità internazionale». Sembrano riecheggiare le motivazioni invocate per l’intervento armato in Iraq. Un intervento dalle conseguenze imprevedibili, che potrebbe innescare un conflitto mondiale.

Su ben altra lunghezza d’onda le parole del pontefice: «Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi. Mai più la guerra! Vogliamo un mondo di pace». Da qui l’appello ai governanti dei Paesi “interventisti” a riconsiderare la volontà dell’attacco armato contro Damasco, riaffermando la necessità di esperire ogni possibile percorso alternativo, sul piano politico-diplomatico.

Pregare per la pace. La pace è un dono di Dio, e da Lui bisogna invocarlo. «Preghiamo per la pace: la pace nel mondo e nel cuore di ciascuno», ha detto papa Bergoglio, indicendo una giornata di preghiera e digiuno per sabato prossimo, 7 settembre, ed estendendo l’invito anche alle altre confessioni cristiane, ai credenti di altre religioni, e a tutti gli uomini di buona volontà. In piazza san Pietro l’appuntamento sarà a partire dalle ore 19. Una molteplicità di momenti similari, in contemporanea, si annuncia già in diverse altre città.

Operare per la pace. Tutti siamo chiamati ad essere costruttori di pace, nella quotidianità; non solo i governanti delle nazioni. «Vogliamo essere uomini e donne di pace», ha detto ancora papa Francesco in quel suo accorato discorso all’Angelus domenicale. Ed ha meglio esplicitato il suo pensiero nell’omelia pronunciata alla messa del mattino di lunedì 2 settembre a Santa Marta.

Non ci sono solo le armi che tolgono la vita, c’è anche la lingua. Si leggeva già nell’Antico Testamento (28° capitolo del Libro del Siracide): «La spada uccide tante persone, ma ne uccide più la lingua che la spada». E per l’apostolo Giovanni (prima lettera, capitolo 3°), ricorda il papa, «colui che odia nel suo cuore suo fratello, è un omicida».

«Le chiacchiere, il pettegolezzo – ha sottolineato altresì papa Francesco – sono armi che ogni giorno insidiano la comunità umana, seminando invidia, gelosia e bramosia del potere. Con esse si può arrivare ad uccidere una persona. Perciò parlare di pace significa anche pensare a quanto male è possibile fare con la lingua».

«Come costruire dunque una comunità?», si è chiesto il pontefice. Ed ha risposto: «Perché sia pace in una comunità, in una famiglia, in un Paese, nel mondo, dobbiamo cominciare a essere con il Signore. Dove c’è Dio non ci sono odio, invidia e gelosia e non ci sono quelle chiacchiere che uccidono i fratelli. Non c'è la criminalità, non ci sono le gelosie. C'è fratellanza».

Per accogliere l’insegnamento di papa Francesco, si può far tesoro del suggerimento che sgorga dalla saggezza del libro del Siracide sopra citato: «Misura le tue parole; metti porta e serratura alla tua bocca», e, attualizzando, anche «alla tua penna e al wordprocessing del tuo pc».

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