Mai in trasferta
L’idea l’ha avuta il presidente del Brera Calcio ed il ministro Castelli l’ha accolta con favore: noi, soprattutto i detenuti, ne siamo entusiasti ci spiega subito Alberto Fragomeni, da 8 mesi direttore del carcere di Opera, una struttura moderna, ma imponente, difficile da gestire con gli oltre 1.400 detenuti, 1.000 a condanna definitiva, che ospita. Eppure da quando si è diffusa la notizia della prima squadra di detenuti iscritta ad un regolare campionato della federcalcio, quello regionale di terza categoria, è subissato di richieste: Molti detenuti, da tutte le parti d’Italia, uno persino da Castrovillari, mi hanno scritto, chiedendomi il trasferimento nel carcere di Opera per poter giocare. La selezione dei giocatori non è avvenuta, come di consueto in occasione dei contatti con l’esterno, in base al buon comportamento, ma esclusivamente in base alle capacità di gioco. I detenuti stessi hanno proposto 60 compagni e tra questi, i due allenatori, pagati dal Brera Calcio, hanno scelto i 27 della rosa che oggi forma la squadra: 4 albanesi, il nucleo portante, un carattere fortissimo che trascina tutti gli altri, compresi alcuni kossovari, con cui qui vanno d’accordissimo anche se di religioni diverse, e tre nordafricani. Il resto sono italiani. Il ministero ha finanziato la sistemazione del campo, necessariamente regolamentare per iscriversi al campionato, ha pagato palloni e magliette: la federcalcio regionale, con il consenso delle altre squadre iscritte al girone, ha concesso la liberatoria per far loro giocare tutte le partite in casa. Per il resto non ci hanno aiutato in alcun modo -, commenta Fragomeni, svelandosi primo acceso tifoso della squadra – visto gli arbitraggi contrari che abbiamo avuto finora. Un arbitro si è inventato un rigore al sesto minuto di recupero dopo che ce ne aveva già dati quattro contro. Ai detenuti l’ho detto chiaro: non farò alcun rapporto disciplinare se” picchiano l’arbitro. Di una cosa infatti non sono entusiasta e l’ho detto ai ragazzi: che siamo primi in coppa disciplina. Non depone bene per gente che vuole vincere un campionato, ma” per scimmie ammaestrate che hanno imparato a comportarsi bene. I ragazzi del FreeOpera hanno capito presto che non si trattava di beneficenza, ma di calcio vero: le squadre da affrontare sono forti e tutte con giocatori di età media inferiore alla loro. Dopo le prime sconfitte hanno preso coraggio e sono quinti in classifica, ed ora puntano decisi ai playoff per la promozione. Ai detenuti l’ho detto chiaro – commenta il direttore -: o si vince il campionato e si va in seconda categoria o l’esperimento finisce: ce la stanno mettendo tutta!. Col sostegno dei compagni detenuti: coloro che usufruivano del campo per divertirsi col pallone sono stati i primi a cedere il loro spazio ai giocatori della squadra, perché potessero allenarsi. E tutti cercano di fare arrivare i loro consigli per poter vincere. Ma perché usare proprio il calcio, uno sport a volte violento, come occasione di collegamento con l’esterno? Secca la risposta di Fragomeni: I tentativi di proporre basket o pallavolo sono andati deserti: col calcio invece sono stati coinvolti tutti, giocatori e tifosi. Persino Totò Riina, qui ad Opera dalla vigilia di Natale, tifoso del Milan fin dal ’48, oltre a chiedere di poter leggere la Gazzetta dello sport, mi ha chiesto della squadra. Ma ho dovuto dirgli che non potrà vedere le partite. Ad accrescere gli interessi l’iscrizione, allo stesso campionato, con una propria squadra, le Frecce Azzurre Opera, delle guardie carcerarie: molto sentito e combattuto il derby, finito zero a zero. In uno scontro di gioco una guardia avrebbe voluto vantare i diritti del proprio ruolo, ma l’avversario gli ha ricordato che qui tutti sono uguali, solo giocatori. Le Frecce Azzurre, in classifica, stanno messe peggio dei detenuti – commenta il direttore -, forse perché non hanno uguali motivazioni: hanno perso una partita, attorno a Natale, perché mezza squadra era in congedo per le feste!. Ogni partita entrano in carcere, oltre ad alcune mogli o parenti dei giocatori, una cinquantina di persone, fra giocatoriavversari, accompagnatori e tifosi. E ben 500 detenuti assistono da bordo campo – aggiunge soddisfatto Fragomeni -, esemplari per disciplina, non creando alcun problema di sicurezza, un fatto che ha aiutato a far maturare un clima nuovo e più disteso nel rapporto fra agenti e detenuti. La quindicina di agenti in più che devono prestare servizio di domenica, finora non si è mai lamentata. Ad Opera sono consapevoli che la nuova avventura non risolverà i problemi del carcere, come il sovraffollamento o la cronica mancanza di educatori, solo 3 contro i 27 previsti. Ma il bilancio, per ora, è positivo: Quei problemi – spiega – ci sarebbero comunque, ma non dimentichiamo che qui da noi si sta anche restaurando la facciata del Duomo: fra pochi anni, potremo dire con orgoglio che tutta la nuova facciata sarà stata rifatta per merito dei detenuti. Col calcio abbiamo aperto una nuova strada di dialogo con l’esterno: a fine campionato saranno passate di qua 1.200 persone che non hanno mai visto una prigione, un aspetto fondamentale del progetto, perché aiuta a far crescere quel clima di normalità che vogliamo creare attorno al penitenziario, indispensabile per il reinserimento.