Mafie ed emergenza sanitaria, rischio di infiltrazioni

Intervista a Maria Antonietta Sacco, vicepresidente di Avviso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie  
Mafie, avviso pubblico foto La Presse

L’allarme era stato lanciato già ad aprile scorso direttamente dalla ministro Lamorgese: ogni ritardo negli interventi dello Stato per sostenere un tessuto sociale ed economico distrutto dalla pandemia rischia drammaticamente di lasciare campo libero alle infiltrazioni della criminalità organizzata.  

Di emergenza sanitaria e sociale, dei rischi di una criminalità organizzata che ancora una volta vuole sfruttare la disperazione mercanteggiando i diritti dei cittadini, abbiamo parlato con Maria Antonietta Sacco, vicepresidente di “Avviso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”.

Dopo il triste record del 2019, che anno è stato il 2020 sul fronte degli scioglimenti dei Comuni per mafia?
Anche il 2020 è stato un anno infelice, con lo scioglimento di 11 Enti locali, così suddivisi: 4 in Calabria: Amantea (al secondo scioglimento dopo quello del 2008, successivamente annullato), Pizzo, Cutro, Sant’Eufemia d’Aspromonte; 3 in Sicilia: Maniace,, Partinico, Tortorici;2 in Campania: Sant’Antimo, Pratola Serra; 1 in Puglia: Scorrano; 1 in Valle d’Aosta (primo scioglimento per questa regione) Saint-Pierre. Ancora una volta, dunque, il primato è spettato alla nostra regione, all’interno della quale (considerando i 4 comuni già citati) attualmente sono presenti ben 15 enti locali commissariati, quali: Crucoli, Casabona, Delianuova, Careri, ASP Reggio Calabria, Palizzi, Stilo, Sinopoli, ASP Catanzaro, Africo, San Giorgio Morgeto. Il problema è davvero serio se si pensa che in Italia, dal 1991 ad oggi, (direttamente o indirettamente) le mafie causano lo scioglimento di un ente locale al mese. Un totale di 351 scioglimenti, che per il 95% si sono concentrati nei territori del Mezzogiorno, luoghi di nascita delle “quattro mafie storiche”, ma che hanno riguardato quasi tutto il territorio nazionale interessando 11 regioni (Calabria Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta).  A livello regionale, è sempre la nostra Calabria ad essere collocata ai vertici della classifica con 123 scioglimenti, seguita dalla Campania con 111, dalla Sicilia con 85 e dalla Puglia con 19. Nelle altre regioni sono poi dislocati i restanti 13 scioglimenti.

Le cosche approfittano dell’emergenza sanitaria ed economica per sostenere imprese e famiglie colpite?
Il rischio esiste ed è elevato, così come è stato dichiarato dalle Procure, in primis dal Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho, dalle Istituzioni (tra cui il Governo, la Chiesa, ecc), dalle Associazioni (Avviso Pubblico, Libera, i sindacati, ecc.) e da tutti gli addetti ai lavori (studiosi e attivisti) che da sempre si occupano della lotta contro le mafie e la corruzione. In un periodo caratterizzato da grande incertezza e da una crisi economica che ha generato mancanza di proventi per le imprese e povertà diffusa nella società, le mafie offrono i loro tanti soldi “sporchi”, di cui sono in possesso e che necessitano di “essere riciclati”, per aiutare gli imprenditori e i cittadini in difficoltà per guadagnare “consenso sociale e persino voti di scambio”. Tramite prestiti, lavori più o meno regolari e altre azioni di sostegno, di fatto, queste persone oneste rischiano di rimanere “vincolate a vita” alle associazioni criminali, ecco perché la risposta dello Stato deve essere forte, in termini di presenza costante, di sussidi economici e di provvedimenti ad hoc, mirati a prevenire la creazione e/o l’intensificazione di questi legami nocivi e pericolosi.

Lo “snellimento” delle procedure per gli appalti è un fattore di rischio sul fronte delle infiltrazioni delle cosche?
Questo tema sta molto a cuore all’Associazione che rappresento, tant’è che a maggio del 2020, Avviso Pubblico insieme a Libera, Acli, Arci, Legambiente, Cgil, Cisl, Uil e altre associazioni, ha redatto e promosso il manifesto/patto per la ripartenza “Giustaitalia” presentando 18 proposte al Parlamento e al Governo in materia di diritti sociali, sostegno alle imprese e trasparenza nella gestione degli appalti.  Lo snellimento delle procedure, non può assolutamente mettere in discussione i controlli previsti e il rispetto delle regole che tutelano la correttezza e la legalità in settori così delicati come questo. L’attenzione deve rimanere alta, perché i rischi sono davvero tanti, a confermarlo è la stessa Direzione Nazionale Antimafia nella sua ultima relazione, spiegando che: “le procedure relative agli appalti e agli affidamenti gestiti dalle amministrazioni locali, non sono presidiate dalle cautele e dai sistemi di controllo predisposti per le opere di rilievo nazionale, cosicché la loro forzatura risulta più semplice”.

La Calabria è la regione con il maggior numero di enti locali sciolti per mafia. Perché i commissariamenti, anziché occasioni di svolta, per tante comunità rappresentano “lunghe paralisi”?
In Italia sul totale di 351 provvedimenti dissolutori, 68 amministrazioni sono state sciolte più di una volta (più precisamente 50 sciolte per due volte e 18 per ben tre volte) e tra queste, buona parte delle amministrazioni sono proprio calabresi. I commissariamenti, per come previsto dalla normativa vigente, hanno la funzione di svolgere i compiti ordinari degli Enti, in particolare mettere in ordine i bilanci e organizzare il corretto svolgimento delle procedure. Per tale motivo da tempo si discute sulla riforma della legge, ritenuta da qualcuno un’ingiustificata e illegittima sospensione della democrazia, per giunta inefficace. Il dibattito è aperto, ma nell’affrontarlo occorre considerare tutti gli aspetti di un fenomeno che nel corso degli anni è cambiato profondamente.

Mi piacerebbe sollevare uno spunto di riflessione su un dato nazionale molto significativo e spesso trascurato, secondo il quale, in base ai dati raccolti e in parte descritti, nei territori coinvolti negli scioglimenti vivono circa 5 milioni di persone, pari all’8% della popolazione italiana, 5 milioni di cittadini che quindi sono stati “commissariati” per colpa della mafia.Queste comunità defraudate dei loro diritti di cittadinanza, non dovrebbero indignarsi ed insorgere con determinazione contro le mafie e le persone ad esse contigue, per il torto subito? In questa lotta di ripristino della democrazia, non dovrebbero sentirsi pienamente coinvolti tutti i cittadini italiani?  Se vogliamo davvero sconfiggere questo sistema perverso generato dalle mafie e dalla corruzione, è necessario che ciascuno di noi, sentendosi “corresponsabile”, faccia la propria parte, una parte che dovrà supportare l’azione di contrasto delle Istituzioni, delle forze dell’Ordine e della Magistratura, altre soluzioni alternative non esistono.

 

 

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