Maestro di vita spirituale
È interessante partire da un’intervista che don Tonino rilasciò a «Luce e vita» all’inizio della quaresima del 1992 sul tema della preghiera, in cui egli confessava: «Sperimento tutti i giorni che, quando mi sono intrattenuto a lungo col Signore e gli ho confidato tutti i problemi pastorali e personali che mi travagliano, le difficoltà mi si risolvono tra le mani come un cubetto di ghiaccio che si scioglie al sole».
La preghiera, perciò, gli permetteva di mettere le mani sul timone della storia… perché la preghiera ha questo di straordinario: è come l’acqua nei vasi comunicanti. Ha efficacia,cioè, anche a distanza e colma il vuoto dei recipienti lontani.
Una preghiera, quindi, che faceva non solo per sé, ma per tutti. E proprio come un pastore don Tonino era preoccupato per la preghiera del suo popolo.
Il vescovo, infatti, è, nella sua chiesa locale, il responsabile supremo di quel grosso “affare”spirituale che si chiama preghiera. È una specie di impresario, insomma: un agente per conto terzi, che ha il compito fondamentale di promuovere rapporti tra il popolo e il Signore e, quindi, di suscitare e animare sul territorio un intenso spirito di orazione. Ciò significa che il Signore chiederà conto a me se in diocesi si prega poco o si prega male. Il mio esame finale verterà essenzialmente su questo capitolo, e sarei arrogante se dicessi che mi sento preparato.
Con la sua intensa preghiera personale, soprattutto notturna, si poneva ai suoi fedeli come un modello da seguire e con la sua grande attenzione alla preghiera liturgica sollecitava una forte spiritualità che trovava la sua fonte nella Trinità, il suo orientamento nell’eucaristia e il suo modello nella vergine Maria.
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Don Tonino, conosciuto per la sua vitalità e la sua attività pastorale, era prima di tutto un contemplativo: era capace di immergersi nel mistero divino e sapeva cogliere la presenza di Dio in ogni istante della sua vita. Era consapevole che non si può escludere Dio da nessuna situazione esistenziale, per quanto terribile e scabrosa possa essere, perché la gloria di JHWH straripa da tutte le parti.
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A partire da questa convinzione don Tonino si sforzava di scorgere Dio in ogni volto, in ogni situazione, in ogni impegno, in ogni incontro: La verità è che Dio solo è il Signore dell’universo, e che la terra non è oggetto di spartizione tra l’impero del bene e l’impero del male. Non ci sono paletti catastali che segnino il limite delle sue proprietà. Non c’è riserva di caccia che gli impedisca di scavalcare il filo spinato della nostra cattiveria. Lui solo è il santo. Penetra l’intimità delle cose. Raggiunge le fibre segrete della materia. Invade il cuore dell’uomo, anche il più determinato a esibirgli il divieto di accesso. Non gli appartengono solo le aree del sacro. Riempie d’olio tutte le lampade della vita.
Fa ardere i roghi della storia, accende le fiammelle della cronaca, illumina i crepuscoli delle nostre stagioni spirituali.
Ecco la sorgente della sua spiritualità: la convinzione di una presenza divina da scorgere sempre nella storia, una presenza divina che andava prima di tutto contemplata nel Verbo di Dio. Sapeva che contemplare non era facile, e paragonava la preghiera contemplativa alla notte trascorsa da Giacobbe allo Jabbok. Ecco, contemplare significa in un certo senso combattere con Dio. Di notte. In uno sconvolgente “a tu per tu”. Quasi per strappargli il segreto della felicità.
Quella felicità che inseguiamo tutta una vita. Ed era proprio nella notte che egli si immergeva nella preghiera adorante davanti al SS. Sacramento e lì, contemplando il mistero, elaborava i suoi scritti. Lo rivelò lui stesso ai fedeli riuniti in cattedrale per la celebrazione della Messa crismale del 1990: «vi confido un segreto. L’omelia della Messa crismale la scrivo sempre di notte. Quando la sera del Mercoledì santo torno a casa, stanco per le fatiche pastorali, mi chiudo in cappella e, come Giacobbe, mi metto a lottare con Dio».
Domenico Amato, TONINO BELLO, una biografia dell’anima (Città Nuova, 2013)