Madrid, il terrorismo, la risposta
Un anno dopo. Alle 12 in punto, e per cinque lunghissimi minuti, Madrid s’immobilizza e tace per ricordare le vittime innocenti della serie di attentati che l’11 marzo 2004 (11-M dicono e scrivono ormai gli spagnoli), che aveva provocato una carneficina: un’11 settembre 2001 in versione europea. Il silenzio, solo il silenzio, riesce a parlare in questi momenti del ricordo, o della memoria sarebbe più giusto dire. Come la Shoah ha la sua memoria, così ora ecco l’11-M. Mi trovo nella capitale spagnola per la conferenza del Club di Madrid (composto da ex-presidenti ed ex-premier) su Democrazia, terrorismo e sicurezza. Ignaro della decisione del governo spagnolo di far osservare a tutta la nazione questi cinque minuti di silenzio, mi reco al Museo della Regina Sofia, accanto alla stazione di Atocha, quella più colpita dagli attentatori, per ammirare ancora una volta Guernica. Mi sembra una decorosa, personale celebrazione dell’11-M. Celebrazione che si vorrebbe silenziosa e nascosta. Trovo però la grande sala dedicata a Picasso assolutamente e insolitamente rumorosa, inondata dalle grida di uno stuolo di bambini nemmeno in età scolare. Follia pedagogica, quella di esporli alle tele del maestro della pittura dell’assurdo? Forse no. Davanti al capolavoro, un insegnante assai dotato d’intelligenza e di pazienza sta spiegando all’insolita assemblea, che l’attornia seduta per terra, i significati di quella tela. I bambini partecipano attivamente al dialogo, cogliendo in quel difficile dipinto mille e mille novità e segreti, inventando di nuovo a modo loro il senso della guerra e dell’umana incapacità di evitare il baratro della barbarie. Quella scena mi pare ben presto racchiudere, in nuce, la più eloquente risposta che l’Europa possa dare alla sfida del terrorismo. Una risposta ben diversa, e forse complementare (?) a quella statunitense: guardare in faccia tale sfida, senza paura, ad occhi aperti e mantenendo la testa alta; guardarla e capirla, trovarne i mille significati reconditi e le mille sorprese che ogni tragedia cela. Sorprese talvolta scomode, altre volte invece illuminanti: la colpevolezza si palesa e la volontà s’annichilisce sotto i colpi della carica esplosiva; mentre la stessa colpevolezza si tramuta in volontà di rinascita se la cultura, l’arte, la filosofia e la teologia – le ricchezze dell’Europa – si fanno atti. Ma servono occhi da bambino per tramutare lo sguardo dell’adulto in risposta sensata (cioè portatrice di senso). L’adulto capisce e analizza, il bambino intuisce e crea: …ha nascosto queste cose ai sapienti e le ha rivelate ai piccoli…. Il personale del museo interrompe d’improvviso queste mie elucubrazioni e l’epico dibattere dei bambini: tutti nel giardino adornato da una aerea scultura di Mirò, le sale si chiudono, anche Guernica osserverà cinque minuti di silenzio, proprio il quadro che più di ogni altro – assieme forse al Grido di Munch, anch’esso tra l’altro ridotto ad un altro silenzio – grida e grida e grida ancora, come venti secoli fa fece un uomo in croce. Si torna al Golgota, tutti crocifissi. Forse lì, in quel grido, più che nella gloria e nella potenza, vanno cercate le radici cristiane dell’Europa; quelle radici che possono ispirare una risposta europea alla sfida del terrorismo, matura e ferma nel contempo. Che vada al cuore del problema, tra memoria e perdono. Al convegno Kofi Annan invita ad unire le forze contro il terrorismo, proponendo cinque punti – indiscutibili nella loro necessità – di difesa. Altri presidenti e primi ministri offrono le loro strategie politiche e militari. Solo l’attuale presidente dell’Unione europea, il primo ministro lussemburghese Junker, parla a braccio di rispettare gli altri popoli, di prosciugare l’acqua dell’ingiustizia e della miseria, di demolire le barriere di razza, religione, censo, casta. Viva l’Europa che lotta (intelligentemente) contro il terrorismo. Pietro Parmense