Madri sole: quando lo sfogatoio è un computer

Il caso del neonato morto al Pertini ha riacceso i riflettori sul tema del sostegno alle neomamme. Al di là di questo tema, che richiede attenzione immediata, ce n'è anche uno più a lungo termine, che investe anche le madri di bambini più grandi

Si è letto tantissimo in questi giorni a proposito di quanto avvenuto all’ospedale Pertini di Roma – un neonato morto probabilmente soffocato perché rimasto schiacciato dal peso della madre, addormentatasi mentre lo allattava; in particolare testimonianze di tantissime altre madri che, come la donna in questione, lamentano di essere state lasciate sole in un momento così delicato come quello dopo il parto, in cui facilmente vengono a mancare le forze sia fisiche che psicologiche per prendersi cura del piccolo.

Se la cosa è naturalmente allarmante nella sua tragicità ed esige attenzione immediata, deve però farci alzare lo sguardo anche oltre il periodo del puerperio; e ne è a suo modo indice un fenomeno che, pur essendo “solo di costume” e senza alcun risvolto allarmante e allarmistico, è però una spia indicativa di come le donne siano spesso lasciate sole anche sul lungo termine. Girando per i social capita infatti di imbattersi in pagine e thread di conversazioni a tema “madri pentite”: non necessariamente donne che raccontano di aver avuto esperienze effettivamente molto difficili – e rispetto alle quali ci verrebbe quindi quasi naturale capire una reazione di avversione alla maternità –, ma anche e soprattutto donne con figli già abbastanza grandi, che molto banalmente si guardano indietro e si vedono profondamente insoddisfatte della vita che hanno condotto dalla maternità in poi. I motivi sono ovviamente i più svariati, e allo stesso tempo i più noti e dibattuti: impossibilità di conciliare famiglia e lavoro, desiderio di poter finalmente riposare o semplicemente di prendersi quei momenti di svago e relax necessari a “scaricare”, avversione per una routine quotidiana divenuta opprimente, difficoltà a “gestire” un figlio difficile, relazione con il partner inaridita perché i due non riescono a trovare un canale di comunicazione adeguato da quando c’è di mezzo la prole.

Nulla di nuovo sotto il sole, si dirà; però il fatto che i social diventino un apposito “sfogatoio” di questo disagio è significativo di come per molte madri manchi un sostegno diverso da quello di una tastiera – cosa che può naturalmente portare all’insorgere di problemi ben più rilevanti. E questo deve farci riflettere perché si tratta di una dinamica di lungo termine, non limitata ad una specifica fascia d’età dei figli, che investe quindi tutta la vita della donna.

«Sicuramente va fatta una riflessione generale sul fatto che essere madri al giorno d’oggi non è scontato – afferma Daniela Notarfonso, medico, bioeticista, e direttrice del consultorio della diocesi di Albano –. Un tempo immaginarsi sposate e madri era la norma, ora non più: ci si può immaginare sposate o con un compagno ma non madri, o viceversa madri anche al di fuori della relazione con un uomo. Aggiungiamoci poi che le donne oggi coltivano desideri di realizzazione professionale e più in generale personale: cosa giustissima, ma che può andare a scontrarsi con la maternità. E questi sono dei dati di fatto da cui non si può prescindere: non è più accettabile pensarsi “annientate” da un’idea romantica di dedizione totale alla famiglia».

Subentra quindi, secondo Notarfonso, anche «un rapporto diverso rispetto a quello di un tempo con l’idea di sacrificio e di dolore. In particolare le mamme di bimbi già più grandi, poi, lamentano i ritmi schiaccianti della propria vita, stretta tra lavori spesso non di qualità o viceversa opprimenti per la tanta responsabilità, e cura dei figli, che hanno anch’essi mille impegni: la famiglia finisce quindi per essere vissuta come un intralcio».

Che cosa fare, dunque? «La maternità è qualcosa di così importante che va vissuta in modo consapevole e da tutti, non solo dalle donne. Non c’è più l’idea che la maternità abbia un valore sociale, e quindi le donne – diversamente da un tempo, in cui la presenza del resto della famiglia poteva a volte addirittura sfociare nell’invadenza – si trovano spesso sole. Manca una cultura della solidarietà, la madre è vista come qualcuno che “ha voluto la bicicletta e adesso deve pedalare”, quasi che la maternità fosse un lusso: e in effetti alcuni sostegni, pensiamo a figure come le doule o alle ostetriche a domicilio, rimangono appannaggio di chi se le può permettere economicamente. E per quanto sia molto cresciuta da parte dei padri la consapevolezza del loro ruolo, non è stata ancora acquisita da tutti».

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